A Torpignattara “Piano Zer0”: un’ex falegnameria diviene un inconsueto spazio espositivo che nasce “perché deve morire”

Nella periferia romana di Torpignattara, un’ex falegnameria in via Gabrio Serbelloni 114, sarà per un brevissimo tempo uno spazio espositivo con artisti e performer che nell’arco di un mese proporranno interventi creativi che si andranno ad accumulare ed a stratificare, lasciando segni e significati in ogni metro quadro.
A Torpignattara “Piano Zer0”: un’ex falegnameria diviene un inconsueto spazio espositivo che nasce “perché deve morire”.
Fino al 30 luglio sarà possibile visitare “Piano Zer0”: artisti e performer nell’arco di un mese proporranno interventi creativi che si andranno ad accumulare e stratificare.
Nella periferia romana di Torpignattara, un’ex falegnameria in via Gabrio Serbelloni 114, sarà per un brevissimo tempo uno spazio espositivo con artisti e performer che nell’arco di un mese proporranno interventi creativi che si andranno ad accumulare ed a stratificare, lasciando segni e significati in ogni metro quadro.
Ideatore del progetto “Piano Zer0” Claudio Guerrieri, architetto “ibrido”, direttore artistico e curatore di numerosi eventi culturali di livello internazionale.
Trova la sua sintesi nella parola greca Sýnolon, che nella filosofia di Aristotele rappresenta l’unione di materia e forma.
Nella produzione e la curatela il nuovo concept è sviluppato insieme a Stefania Plaza Mora, giovane produttrice cinematografica e curatrice di eventi d’arte contemporanea nel panorama romano.
Il manifesto del progetto, coerente col carattere effimero della performance art dichiara:
Piano Zer0 è una tabula rasa. È il grado primordiale dello stato delle cose. È il livello ultimo, prima di una nuova vita. È inizio e fine nello stesso momento. È creazione. È distruzione. È trasformazione. Piano zero è “contro l’arte dell’opera d’arte”. Piano zero è immanente. Esiste perché deve morire. È lo spazio neutro senza forma. È il reset/reboot di un sistema.
Ci siamo recati all’opening del 17 giugno ed abbiamo trovato le opere dell’artista ucraina Ohii Katya, che dopo essersi trasferita a Roma nel 2019 ha trasformato la sua formazione professionale in ingegneria e animazione 3D in pratica artistica.
Le sue opere catapultano la natura aliena nella cultura con oggetti “ibridi” dove non c’è una rigida divisione tra umano, animale e inanimato. Forme spigolose e aggressive, fatte di oggetti recuperati, come ossa, teschi di animali, rami secchi, plastica, resine nere e caramello bruciato, metafora di una certa sostanza cosmica da cui tutto ha origine. La sostanza che fonde l’universo, dipingendolo in un unico colore, rendendolo un tutto.
Durante il nostro scambio ha dichiarato: “non amo molto l’argilla perché si secca sulle mani. Preferisco il caramello, materiale duttile con un odore che inebria”.
La mostra durerà una settimana per poi lasciare il posto ad altri artisti che a loro volta si succederanno di settimana in settimana: dal 27 giugno al 6 luglio sarà volta di Tommaso Fagioli.
Dall’8 al 15 luglio interventi di Luca Valentino, dal 22 al 29 Maurice Nio. Concluderà la mostra il 30 luglio Lucrezia Testa Iannilli e lo spazio cesserà di esistere.
Più che da “non perdere” da “ritrovare”.

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