Roma panoramica. La vista straordinaria da “Il Giardino degli Aranci”

Iniziamo il nostro viaggio per tappe nei luoghi più panoramici di Roma e cominciamo con la straordinaria visuale che offre il “Giardino degli Aranci” posto sul colle Aventino, nel rione Ripa.
Articolo di Rita Chessa
Iniziamo il nostro viaggio per tappe nei luoghi più panoramici di Roma e cominciamo con la straordinaria visuale che offre il “Giardino degli Aranci” posto sul colle Aventino, nel rione Ripa.
Si tratta di parco Savello, uno spazio di circa 7.800 m. Il luogo deve il suo soprannome alla presenza di numerosi alberi di arance, che sono stati piantati in onore di San Domenico di Guzman, il quale fondò lì il suo convento. Un tempo, al posto del parco pubblico, vi era un orto curato dai frati Domenicani. Si racconta che fu lo stesso San Domenico ad aver piantato il primo albero di arance amare, che portò dalla Spagna. L’odore gradevole dei frutti contribuisce all’atmosfera piacevole del posto dove ci si può sedere per rilassarsi, godere del bello seduti su una delle numerose panchine presenti o in piedi rivolti verso il panoramico terrazzo.
Attualmente il parco dispone di tre ingressi: il principale, in piazza Pietro d’Illiria, fu arricchito nel 1937 dal portale proveniente da Villa Balestra, uno in via di Santa Sabina ed il terzo sul clivo di Rocca Savella.
Si espande nella superficie dell’antico fortilizio eretto dalla famiglia dei Savelli tra il 1285 e il 1287 presso la chiesa di Santa Sabina sull’Aventino, su un preesistente castello fatto costruire dai Crescenzi nel X secolo. Vicino la chiesa, vi è un muro in pietra con incassata la Fontana del Mascherone costituita da una vasca romana ed un medaglione barocco.
L’aspetto attuale del Giardino lo dobbiamo ad un nuovo piano urbanistico, progettato nel 1932 dall’architetto e paesaggista Raffaele De Vico, consulente artistico per l’immagine di Roma. L’area offre un meraviglioso “belvedere” ed è per questo tappa fissa per turisti e degli stessi romani.
La prospettiva unica offre una visione incantevole sulla città in particolare de il “Cupolone” della Basilica di San Pietro, i templi del Foro Boario, il Gianicolo, lo scorrere del Tevere che circonda l’isola Tiberina.
Sede di mostre, iniziative, concerti all’aperto, è uno dei posti più romantici dove organizzare una passeggiata a due.
Nel giardino troviamo omaggi a due importanti attori: Nino Manfredi e Fiorenzo Fiorentini.
Al primo, è dedicato un viale, al secondo una piazza con targa commemorativa.
Nino Manfredi fu celebrato in quanto, pur essendo ciociaro, era considerato romano d’adozione.

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Lo sapevate? Nella chiesa di San Bartolomeo a Roma c’è un pozzo dalle acque considerate miracolose

Nella chiesa di San Bartolomeo sull’isola Tiberina, c’è un pozzo di marmo bianco dal quale, si narra, sgorgano acque curative contro la peste.
Lo sapevate? Nella chiesa di San Bartolomeo a Roma c’è un pozzo dalle acque considerate miracolose.
Articolo di Rita Chessa.
L’uomo ha attribuito all’acqua, fin dalla notte dei tempi, proprietà divine. Si tratta di un culto che ritroviamo in tutte le culture del mondo. I pozzi sacri risalgono all’Età del bronzo e alla prima Età del Ferro, configurandosi in una sorta di “scrigno” per la venerazione delle acque.
Nella chiesa di San Bartolomeo sull’isola Tiberina, c’è un pozzo di marmo bianco dal quale, si narra, sgorgano acque curative contro la peste. Già nella cultura Assiro-babilonese, troviamo riferimenti al culto: il medico era denominato “Asu” ossia, “colui che conosce l’acqua”. Il mito è proseguito in epoca pagana (ritrovando fondamento concreto con le acque termali), fino alla trasposizione di “acqua santa” nella religione cristiana. Tale approccio torna anche con i primi rudimenti della medicina: Ippocrate, del resto, curava diverse malattie utilizzando l’acqua.
Il pozzo sacro è risalente alla fine del X secolo, ed è derivato da un rocchio romano intagliato con immagini di Cristo, Ottone III, San Bartolomeo e sant’Adalberto. Si trova su una falda acquifera sotto la scalinata del presbiterio e, seppur d’epoca romana, ha subito una riappropriazione dalla religione cristiana nel periodo medioevale. Sopra il marmo si può leggere: “Ospu-tei s(an)cti circundant”, ossia “i santi in cerchio circondano la bocca del pozzo”.
La basilica di “San Bartolomeo all’Isola” fu costruita verso la fine del X secolo per volontà dell’imperatore germanico Ottone III, in onore dell’amico martire Sant’Adalberto sulle rovine del Tempio di Esculapio e della fonte d’acqua sacra al dio a cui venivano attribuite proprietà taumaturgiche. Il Tempio era originariamente dedicato al dio Asclepio della medicina e venne elevato in seguito alla terribile epidemia di peste che colpì Roma nel 293 a.C.
Nel 1180 giunsero sull’isola Tiberina i resti falsamente attribuiti a San Bartolomeo e l’acqua del pozzo ritornò ad essere considerata miracolosa.
In realtà, essendo l’acqua putrida ed inquinata, fu causa della morte di diverse persone ed il pozzo venne chiuso con delle sbarre di bronzo.
Prima di essere sigillato fu trasformato anche in fonte battesimale ed ancora adesso è visitabile recandosi nella chiesa avente più di 1000 anni di storia.
“Pensa che bello se avesse la possibilità di guarirci dalla pandemia” ci dice una dolce vecchietta venuta a pregare nella chiesa di San Bartolomeo, dal 1993 affidata alla Comunità di Sant’Egidio, un movimento internazionale di laici, che si fonda su preghiera, poveri e pace. E presto andremo a conoscere anche la loro storia.

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