Lo sapevate? Che cosa rappresenta il curioso elefantino del famoso obelisco romano della Minerva?

L'Obelisco della Minerva (così chiamato perché si trova in piazza della Minerva) è un antico e particolare obelisco egiziano che fu portato a Roma in epoca imperiale: è sorretto da un piccolo elefantino (chiamato "Pulcino della Minerva", altra curiosità nella curiosità), molto caro ai Romani. Scopriamo che cosa rappresenta l'elefantino più famoso di Roma in questo contesto curioso e perché viene chiamato con un nome così particolare.
Lo sapevate? Che cosa rappresenta il curioso elefantino del famoso obelisco romano della Minerva?
L’Obelisco della Minerva (così chiamato perché si trova in piazza della Minerva) è un antico e particolare obelisco egiziano che fu portato a Roma in epoca imperiale: è sorretto da un piccolo elefantino (chiamato “Pulcino della Minerva”, altra curiosità nella curiosità), molto caro ai Romani. Scopriamo che cosa rappresenta l’elefantino più famoso di Roma in questo contesto curioso e perché viene chiamato con un nome così particolare.
La piazza in cui si trova il monumento si chiama così per il culto di Minerva Calcidica. Qui nell’antichità Gneo Pompeo Magno fece costruire un tempio proprio in questo stesso luogo. La statua della divinità, rimossa dal sito originario, si trova oggi in Vaticano. Il caso ha voluto che l’obelisco in granito rosa – che è uno dei tredici obelischi antichi di Roma (ed è anche il più piccolo tra quelli portati dall’Egitto) fosse stato dedicato alla dea Neith, equivalente egizio della dea greco-romana Minerva.
L’obelisco arrivò a Roma con l’obelisco del Pantheon e quello di Dogali. Fu rinvenuto nel 1665 presso il convento annesso a Santa Maria sopra Minerva e rialzato davanti alla chiesa nel 1667 per volere di papa Alessandro VII, secondo un progetto ideato da Gian Lorenzo Bernini, con un elefantino nel basamento.
Si tratta di uno dei nove obelischi egizi di Roma, collocato nella piazza della Minerva (la piazza della basilica di Santa Maria sopra Minerva). L’obelisco è posizionato sulla groppa di un elefante marmoreo, scolpito da Ercole Ferrata su disegno del Bernini nel 1667. Tutto il complesso monumentale è popolarmente noto anche come il Pulcin della Minerva: “pulcino” nel dialetto dell’epoca stava per “porcino”, “piccolo porcellino”, riferito all’elefante “per le dimensioni ridotte e le forme rotonde, più adatte a un maialetto”.
L’obelisco è egizio, proveniente da Eliopoli sotto Domiziano, assieme agli obelischi del Pantheon, di Dogali e quello di Boboli (che è a Firenze), risale al IV secolo a.C. ha un’altezza di circa 5,50 metri e la sua sommità raggiunge l’altezza da terra di 12,70 metri; in origine si trovava nel Tempio di Iside al Campo Marzio.
La sua sistemazione nella piazza fu progettata da Gian Lorenzo Bernini, che lo fece sistemare sul dorso di un elefante di marmo. L’iscrizione sul basamento riporta una frase in latino che qui traduciamo in italiano: «Chiunque qui vede i segni della Sapienza d’Egitto scolpiti sull’obelisco, sorretto dall’elefante, la più forte delle bestie, intenda questo come prova che è necessaria una mente robusta per sostenere una solida sapienza».
L’elefante è una glorificazione di papa Alessandro VII.
L’elefante avrebbe dovuto simboleggiare la forza, evocata anche dall’iscrizione presente sul basamento: “E’ necessaria una mente robusta per sorreggere una solida sapienza”.
Secondo i vicini frati Domenicani il peso dell’elefantino avrebbe creato instabilità al complesso. Per questo, sempre secondo le dicerie della gente poi tramandatesi (e alcuni poemetti contemporanei che circolavano) il Bernini (che poi cedette alle insistenze) stizzito disegnò l’elefantino, eseguito nel 1667 da un suo allievo, Ercole Ferrata, in modo che voltasse le terga al convento degli ottusi frati, mentre la proboscide ne sottolineava la posizione irriverente e la coda, spostata sulla sinistra, ne accentuava l’intenzione offensiva.
La soluzione voluta dai Domenicani appesantì il pachiderma, facendolo apparire tozzo. La statua fu vittima dell’umorismo dei romani, che la ribattezzarono “Porcino della Minerva”, per l’aspetto che ricordava quello di un porcellino.
Nel corso dei secoli il nomignolo si modificò e da “purcino” diventò “pulcino”, da cui “Pulcino della Minerva”, nome col quale viene popolarmente chiamato tuttora.
Altra curiosità: nel 1946 un individuo provò a “vendere” l’intero complesso monumentale ad un ufficiale americano appartenente alle truppe d’occupazione. Fortunatamente, quando una mattina alcune squadre statunitensi portarono un camion in Piazza della Minerva con l’intento di smontare obelisco ed elefantino per portarli negli Stati Uniti, il portiere del palazzo di fronte andò a chiedere spiegazioni, portando così alla luce l’imbroglio.
Nel novembre 2016, una delle zanne dell’elefantino è stata gravemente danneggiata da un atto vandalico, che ha reso necessario l’intervento dei tecnici della Sovrintendenza Capitolina per il restauro dell’opera.

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