Is Animeddas, la notte delle anime: la Sardegna riscopre la sua antica festa dei morti
Un momento che i bambini aspettano per tutto l'anno
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Is Animeddas, la notte delle anime: la Sardegna riscopre la sua antica festa dei morti.
Mentre il mondo si lascia travolgere dai simboli di Halloween, tra zucche illuminate e travestimenti, in Sardegna sopravvive una tradizione molto più antica e profondamente legata alla memoria collettiva: quella de Is Animeddas, il vero capodanno dell’anima, il momento in cui la vita e la morte si sfiorano nel silenzio delle notti d’autunno.
È una celebrazione che appartiene al cuore più autentico dell’isola, un rito che racconta il rapporto intimo e rispettoso dei sardi con i propri defunti, un legame che non si spezza ma che continua a vivere nella quotidianità, tra fede, superstizione e memoria.
Nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, secondo la tradizione popolare, le porte del purgatorio si spalancherebbero per consentire alle anime dei defunti di tornare tra i vivi, percorrendo i sentieri delle case e dei villaggi che un tempo avevano abitato.
È un momento sospeso, in cui il mondo terreno e quello ultraterreno si incontrano, e dove la paura lascia spazio alla devozione e alla speranza. Is Animeddas, conosciuta in diverse zone dell’isola anche come Su Mortu Mortu o Su Prugadoriu, è una tradizione che da secoli scandisce la fine di ottobre e l’inizio di novembre, e che ancora oggi viene celebrata in molti paesi sardi, soprattutto nei piccoli centri dell’interno, dove i bambini girano di casa in casa chiedendo doni e dolciumi in nome delle anime dei morti. Un rito antico che un tempo aveva un valore religioso e comunitario profondo: le offerte raccolte rappresentavano una preghiera e un gesto di solidarietà verso chi non aveva nulla, in segno di rispetto per i defunti e per la vita stessa. In un’isola come la Sardegna, dove ogni pietra, ogni canto e ogni rito parlano di identità e memoria, Is Animeddas è la testimonianza di una sensibilità unica verso il mistero della morte, vissuta non come fine ma come passaggio, come parte naturale del ciclo dell’esistenza. Una festa che si oppone alla logica del consumo e che custodisce, invece, la poesia di un mondo dove la spiritualità si intreccia con la quotidianità. Oggi, riscoprire Is Animeddas significa riscoprire se stessi, le proprie radici e la capacità di convivere con il ricordo, in una Sardegna che, pur guardando al futuro, non dimentica mai le voci del suo passato.
Come nella più commerciale e nota festa di Halloween, anche nella celebrazione de Is Animeddas i bambini – vestiti di stracci – compiono quindi i loro pellegrinaggi lungo le vie del paese, domandando a ogni porta – secondo formule che cambiano da una zona all’altra dell’isola – un piccolo dono per le anime più sfortunate. Nel tempo, poi, da arance, mandorle, limoni e pane di saba si è passati ai dolci della grande distribuzione, ma si è sostanzialmente conservato il senso del dono e dell’offerta.
La festa de Is Animeddas – così come la maggior parte delle tradizionali celebrazioni sarde – conosce poi diverse denominazioni in ciascuna area dell’isola: si parla per esempio di Su Prugadoriu in Ogliastra – celebre la festa di Seui -e di Su Mortu Mortu, a Nùoro.
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