Ma a cosa serve l’Einstein Telescope e perché è una grande occasione per la Sardegna? Ce lo spiega la scienziata Silvia Casu

Tutti ne parlano ma nessuno spiega quali sono le applicazioni concrete del progetto. Proviamo a capirne di più
Per capire in modo semplice cosa c’è dietro il mega progetto dell’Telescopio Einstein abbiamo chiacchierato con la dottoressa Silvia Casu, prima ricercatrice presso l’INAF di Cagliari, responsabile dell’area divulgazione e didattica dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari. Lavora nel gruppo di Astrochimica e Mezzo Interstellare, ed è parte della squadra operativa del Sardinia Radio Telescope. Si occupa inoltre di ricerca nel campo della didattica innovativa e inclusiva.
Parliamo del Telescopio Einstein. A cosa serve, concretamente, con parole semplici? E che impatto avrà sulla vita delle persone e sull’economia della Sardegna?
Il Telescopio Einstein (ET) è il futuro osservatorio europeo di onde gravitazionali di terza generazione. Ma cosa sono, esattamente, le onde gravitazionali? Si tratta di minuscole increspature dello spazio-tempo, cioè del “tessuto” dell’universo che unisce lo spazio e il tempo in un’unica realtà, e che viene deformato dalla gravità. Previste da Einstein oltre un secolo fa e osservate per la prima volta solo nel 2015, le onde gravitazionali sono prodotte da eventi cosmici estremi, come la fusione di due buchi neri o di stelle di neutroni, e viaggiano alla velocità della luce. La loro scoperta ha aperto una nuova finestra sull’universo: per la prima volta, oltre alla luce (visibile e invisibile), abbiamo potuto “ascoltare” il cosmo attraverso le sue vibrazioni. Fino ad allora, l’astrofisica si basava unicamente sull’analisi delle onde elettromagnetiche, quella che chiamiamo comunemente luce.
Ora, grazie alle onde gravitazionali, siamo nella cosiddetta era multimessaggera e possiamo indagare fenomeni inaccessibili alla luce, e persino esplorare l’universo primordiale, nei primissimi istanti dopo il Big Bang. L’Einstein Telescope infatti sarà uno strumento potentissimo che ci permetterà di capire come nascono i buchi neri, capire la natura della materia oscura e dell’energia oscura, come si formano ed evolvono le galassie, e come si sono comportati spazio e tempo nelle prime frazioni di secondo dell’universo. Ma non si tratta solo di conoscenza “astratta”. Le tecnologie sviluppate per ET – dalla meccanica ultravibrazionale ai sistemi criogenici, dall’ottica di precisione all’intelligenza artificiale per l’analisi di enormi quantità di dati – avranno potenziali applicazioni in ambiti concreti come la sanità, l’ingegneria, l’informatica e la sostenibilità ambientale. Un investimento nella scienza che può generare benefici ben radicati nella nostra società.
Quando sarà operativo?
Il progetto è ambizioso e complesso. ET infatti sarà molto più sensibile degli strumenti attuali (come LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia) e sarà costruito sottoterra, per isolarlo al massimo da vibrazioni e rumori esterni. La configurazione prevista ha la forma di un triangolo con tre bracci lunghi 10 chilometri ciascuno, scavati nel sottosuolo. Si stanno valutando anche alternative, come una doppia struttura a forma di “L” dislocata in due luoghi diversi. L’Italia, tramite l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), ha candidato il sito di Sos Enattos, nel cuore della Baronia, nel comune di Lula. La candidatura italiana è in competizione con un altro sito tra Belgio, Paesi Bassi e Germania e la decisione finale è attesa entro la fine del 2026. Se la Sardegna verrà selezionata, come speriamo, i lavori inizieranno tra il 2027 e il 2028 e il telescopio potrebbe essere operativo dalla fine degli anni Trenta. Può sembrare lontano, ma è il tempo necessario per realizzare infrastrutture scientifiche di questo livello: basti pensare all’LHC del CERN, il più grande acceleratore di particelle al mondo, che ha richiesto oltre vent’anni dalla progettazione all’entrata in funzione. Lo stesso vale per ET: sarà la prossima grande impresa della fisica fondamentale. Nel frattempo, a Sos Enattos è già attivo il laboratorio SAR-GRAV dell’INFN, che ospita l’esperimento Archimedes, il primo esperimento di fisica condotto nel sito candidato per l’Einstein Telescope. Nella stessa area (l’ex edificio Ri.Mi.Sa presso sos Enattos), grazie ad un finanziamento di Regione Sardegna, INFN, INAF e INGV, sta prendendo vita il progetto ET-SUnLab (Einstein Telescope Sardinia Underground Laboratory), un modernissimo centro scientifico e divulgativo che ospiterà attività di ricerca e sviluppo per l’Einstein Telescope, esperimenti di fisica a basso rumore e studi geofisici, ma anche un prototipo di telescopio per l’individuazione delle sorgenti fisiche di onde gravitazionali progettato dall’INAF e un’area dedicata al pubblico e alle scuole.
Perché è stata scelta la Sardegna?
Il sito di Sos Enattos è un vero gioiello dal punto di vista geofisico: è una delle aree più stabili d’Europa, con bassissima attività sismica e un livello di “silenzio” ambientale eccezionale, ideale per captare le debolissime onde gravitazionali senza disturbi. Inoltre, la Sardegna ha già un ruolo di primo piano sia nel campo della fisica delle onde gravitazionali, grazie alla sezione di Cagliari dell’INFN, sia nella ricerca astrofisica internazionale, grazie alla presenza del Sardinia Radio Telescope (SRT), un’antenna radio all’avanguardia gestita dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). SRT è uno dei pilastri dell’astronomia multimessaggera, l’astronomia che combina le onde elettromagnetiche (come la radioastronomia), le onde gravitazionali e perfino le particelle cosmiche per offrire una visione più completa dell’universo. In quest’ottica, la costruzione del Telescopio Einstein rappresenterebbe un’estensione naturale di questo ecosistema scientifico già presente sull’isola, e una straordinaria opportunità di crescita e specializzazione per università, centri di ricerca e imprese locali.
L’isola dovrebbe investire di più nella ricerca scientifica? Porterebbe davvero ricchezza?
Assolutamente sì. Investire nella ricerca è una scelta lungimirante: significa attrarre competenze, creare innovazione, costruire infrastrutture che generano valore a lungo termine. Significa anche trattenere giovani talenti e attirare professionisti da tutto il mondo. E poi ci sono le ricadute economiche concrete appalti per le imprese locali, indotto tecnologico, turismo scientifico, corsi di formazione e collaborazioni internazionali. La scienza non è un lusso, è una strategia di sviluppo intelligente, in grado di rendere la Sardegna non solo più moderna, ma anche più competitiva e sostenibile. Con ET, la Sardegna ha l’opportunità di diventare un polo strategico per la scienza europea, proprio come già avviene in altre regioni, per esempio in Svizzera con il CERN o in Cile con i telescopi dell’ESO. È un’occasione per trattenere giovani talenti, attrarne di nuovi, e fare della ricerca un volano di sviluppo sostenibile per tutta l’isola. È un’occasione storica: non lasciamocela sfuggire.

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