Credenze popolari sarde. Perché si dice porti male rovesciare olio e sale?

In Sardegna ( ma non solo) per tanto tempo si è creduto che rovesciare olio e sale portasse sfortuna. Oggi vi spieghiamo quali sono le ragioni – molto antiche – alla base di questa credenza popolare.
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In Sardegna, come in molte altre parti del mondo, per generazioni si è tramandata l’idea che rovesciare olio o sale porti sfortuna, un gesto all’apparenza banale ma carico di significati profondi e antichissimi. Non si tratta solo di superstizione popolare, ma di credenze nate da un tempo in cui il sale e l’olio avevano un valore immenso: il primo era così prezioso da essere considerato una moneta di scambio, tanto da dare origine alla parola “salario”, mentre il secondo era simbolo di abbondanza, purezza e sacralità, spesso usato nei riti religiosi, nelle benedizioni e nei momenti solenni. Rovesciare anche una piccola quantità di queste sostanze significava, in epoche passate, sprecare ricchezza e profanare qualcosa di sacro, quindi attirare negatività o il malocchio. La cultura sarda, con la sua forte connessione alla terra e alle tradizioni, ha mantenuto vivo questo rispetto quasi rituale verso il cibo e i suoi simboli, trasformando quel gesto maldestro in un monito tramandato di generazione in generazione: occhio a non far cadere sale e olio, perché in quel gesto si cela molto più di quanto sembri.
Ci sono molte credenze popolari che si tramandano da generazioni in cucina, ma le più famose e conosciute sono quelle relative all’utilizzo di sale e olio.
Il sale, da sempre considerato un bene pregiato, era utilizzato già dagli antichi Romani come strumento di commercio e di pagamento ( da qui il termine “salario”). Rovesciare accidentalmente sale sulla tavola è considerato quindi un presagio di sfortuna e in particolare un segno che denota una futura perdita di denaro.
Inoltre, è molto diffusa la credenza che il sale “non debba passare di mano in mano”, perché in un passaggio della Bibbia si dice che Giuda avesse sparso del sale poco prima di tradire Gesù nell’ultima cena.
Simile è il caso dell’olio. L’olio, tanto apprezzato da essere conosciuto come “oro liquido”, è sempre stato considerato un alimento prezioso e ricco sin da tempi antichi. Involontariamente sciupare dell’olio, versandolo sulla tavola o a terra, è ritenuto un simbolo di spreco e di una sorta di maledizione: un annuncio di sventura e povertà.

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Dalla lotta al tumore alla testimonianza: l’ogliastrino Cristian Mascia racconta la speranza al Blood Cancer Summit

Cristian ha approcciato il progetto con molta emozione, superando le difficoltà iniziali sapendo che la sua testimonianza, immortalata anche attraverso la fotografia, sarebbe stata utile a chi oggi sta facendo i conti con una diagnosi di tumore.
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Cristian Mascia, originario dell’Ogliastra, vive a Gairo Taquisara con la moglie Betty e la figlia Letizia. Anni fa ha affrontato con coraggio la dura battaglia contro un grave tumore del sangue, trasformando l’esperienza del dolore in una grande forza vitale. Lavora per Forestas e porta avanti le sue passioni: la montagna e la fotografia. È conosciutissimo in Ogliastra per le sue foto naturalistiche e per la profonda conoscenza dei luoghi, che ama e racconta con passione.
Cristian è una persona di grande forza, un esempio per tutti. Abitualmente, a livello locale, si mette a disposizione del prossimo con generosità e dedizione: quest’anno ha portato la stessa disponibilità anche su scala nazionale, partecipando al Blood Cancer Summit 2025, un’iniziativa dedicata all’ematologia e all’oncologia ematologica che unisce ricerca scientifica, innovazione e testimonianze umane.
Cristian ha approcciato il progetto con molta emozione, superando le difficoltà iniziali sapendo che la sua testimonianza, immortalata anche attraverso la fotografia, sarebbe stata utile a chi oggi sta facendo i conti con una diagnosi di tumore.
A coinvolgerlo nel progetto è stata l’associazione La Lampada di Aladino, che ha voluto affiancare all’evento le espressioni artistiche di chi ha conosciuto da vicino la malattia. Cosa sta cambiando nella ricerca scientifica e nelle tecnologie per curare i tumori del sangue? Quali barriere restano da superare nell’assistenza quotidiana, nell’organizzazione dei servizi, nella qualità della vita dei pazienti? E, soprattutto, cosa conta davvero per chi vive la malattia?
In occasione del Blood Cancer Summit 2025, è stata infatti inaugurata la mostra fotografica “Io sono qui”, realizzata da Barbara Santoro con Azzurra Primavera, dove Cristian Mascia è ritratto come protagonista. In un contesto dominato da numeri, protocolli e metriche, l’arte restituisce voce, corpo ed emozione all’esperienza umana della malattia. Non è un’aggiunta accessoria, ma una dimensione strutturale del Summit, pensata per tradurre in linguaggi universali ciò che le parole scientifiche da sole non riescono a dire.
L’arte intercetta quella zona grigia tra diagnosi e vissuto, tra il sapere medico e il sentire profondo. In questa prospettiva, la mostra fotografica e la video-danza artistica nascono non come elementi collaterali, ma come strumenti di esplorazione, cura e comunicazione. Queste produzioni artistiche attraversano un viaggio che parte dal dolore e dallo smarrimento per giungere – attraverso dati scientifici e risultati clinici – a un messaggio di progresso e speranza.
Il Blood Cancer Summit è nato proprio con l’obiettivo di rispondere a domande cruciali sulla ricerca scientifica, le tecnologie per curare i tumori del sangue e le sfide ancora aperte nell’assistenza quotidiana. L’iniziativa rappresenta un punto di incontro tra medici, ricercatori, istituzioni, manager sanitari, industria, pazienti e caregiver, creando una piattaforma multidisciplinare e inclusiva. Grazie a un approccio che unisce scienza e narrazione umana, il Summit dà voce ai protagonisti della cura, promuovendo dialogo, innovazione e speranza.
Durante l’evento, Cristian Mascia ha portato la sua esperienza personale, trasformandola in un messaggio universale di speranza e responsabilità condivisa. “Parlare di tumori del sangue oggi significa parlare di futuro – e della speranza come scelta concreta di trasformazione”, sottolineano gli organizzatori.

Cristian Mascia al Blood Cancer Summit
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