Lo sapevate? Un tempo in Ogliastra i bambini si divertivano a “giogai a celu e inferru”

Si praticava in gruppo e aveva inizio quando due bambini, in disparte dagli altri, decidevano di rappresentare uno il paradiso e l'altro l'inferno....
Una volta, in un tempo che sembra ormai lontano, i giochi dei bambini in Sardegna avevano un significato molto più profondo rispetto al semplice divertimento. Essi erano radicati nelle tradizioni locali e spesso racchiudevano in sé simbolismi che andavano ben oltre il loro aspetto ludico, rappresentando un modo autentico per tramandare cultura, valori e storie di generazione in generazione. In quel contesto, il gioco diventava uno strumento di educazione e di conservazione delle radici, un veicolo attraverso cui le nuove generazioni imparavano a conoscere il proprio patrimonio culturale, a rispettare le proprie origini e a mantenere vive le tradizioni più antiche. In Ogliastra, una delle regioni più autentiche, suggestive e ricche di storia dell’isola, questa tradizione si manifestava attraverso un gioco particolarmente emblematico, conosciuto con il nome di “giogai a celu e inferru”, che letteralmente si traduce come “giocare a cielo e inferno”. Questo gioco, con il suo nome evocativo, racchiudeva in sé un mondo di significati e di emozioni, rappresentando non soltanto un’attività ludica ma anche un simbolo di sfida, di coraggio e di ingegno, radicato nella cultura popolare e tramandato con fierezza da generazione in generazione, contribuendo a mantenere vivo il patrimonio culturale di questa meravigliosa regione della Sardegna.
Questo passatempo, praticato principalmente dai più giovani, non era soltanto un momento di svago, ma un’occasione per apprendere in modo semplice e giocoso concetti legati alla dualità e al simbolismo. Il gioco si svolgeva all’aperto, spesso in cortili o spiazzi di terra battuta, utilizzando materiali semplici che si trovavano facilmente nella natura o nelle case, come pietre, bastoncini o gessetti per tracciare figure sul terreno. La struttura del gioco rimandava a una sorta di percorso immaginario che rappresentava due mondi contrapposti: il cielo, simbolo di purezza e virtù, e l’inferno, metafora di difficoltà e ostacoli.
Oltre all’aspetto ludico, questa attività aveva un ruolo educativo, aiutando i bambini a sviluppare il senso di competizione, equilibrio e concentrazione, ma anche a confrontarsi con le sfide e le regole del vivere comune. Ancora oggi, sebbene praticato raramente, “giogai a celu e inferru” è ricordato con affetto dagli anziani della regione, che lo descrivono come uno specchio delle tradizioni e dei valori della Sardegna di un tempo, un ponte tra il gioco e la cultura.
Si praticava in gruppo e aveva inizio quando due bambini, in disparte dagli altri, decidevano di rappresentare uno il paradiso e l’altro l’inferno. Uno dunque “indossava” le vesti dell’angelo e l’altro del diavolo, inoltre allo stesso tempo ciascuno di questi sceglieva se corrispondere ad un determinato colore (ad esempio: asulu – azzurro – o orùbiu – rosso -), ad un fiore (es: orròsa – rosa – e gravellu – garofano), un animale (es: aquila – àbila- o corvo – crobu), un oggetto o altre categorie ancora.
A questo punto i due “capi” del gioco si mettevano uno di fronte all’altro, tenendosi per mano con le braccia alzate. Sotto di questo arco gli altri bambini passavano in fila indiana, fino a che colui che chiudeva il gruppo veniva fermato con le braccia che si abbassavano dei due promotori dell’attività. A questo veniva chiesto quale dei due simboli preferiva, tra quelli decisi in precedenza – ad esempio asulu o orùbiu -, e in base alla scelta doveva disporsi dalla parte di colui al quale corrispondeva la riposta scelta.
Così di volta la fila diventava sempre più corta, per poi esaurirsi, fino a creare due diversi gruppi capeggiati dai due bambini promotori iniziali del gioco. Solo allora veniva svelato agli altri a quale gruppo si apparteneva.
Dunque le due “fazioni” iniziavano a schernirsi con varie formule in lingua sarda, vantandosi di appartenere al paradiso o all’inferno e viceversa.
Alla base di questo gioco c’è il forte valore simbolico della lotta tra il bene e il male, e le sue origini si perderebbero nella notte dei tempi. Mentre l’arco formato dalle braccia dei due bambini, rappresenterebbe un passaggio cruciale del percorso delle anime nella vita ultraterrena.

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