Lo sapevate? In Sardegna un bellissimo castello è diventato una biblioteca
Nell’arco del tempo, il castello ha svolto diversi ruoli, tra cui quello di caserma, prigione e sede scolastica, finchè - dopo dei restauri - è diventato un cuore pulsante cultura
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La “Casa Forte degli Alagon” è situata nel cuore del paese e rappresenta una combinazione di architettura militare e civile in Sardegna, conosciuta come “Castello Siviller”. Nel 1415, il castello fu eretto su autorizzazione dell’arcivescovo di Cagliari, in sostituzione di una chiesa parrocchiale, che fu distrutta dalle incursioni dei ribelli arborensi. Il castello fu costruito proprio per proteggere il paese dalle incursioni.
La struttura a forma di “U” con merlature guelfe era tipica della costruzione medievale, ma è stata modificata nel corso dei secoli per conferirgli l’aspetto di una residenza emergente nel contesto del centro abitato. Il castello Siviller simboleggia la rinascita della comunità di Villasor.
Sopra il portale di accesso principale della fortezza si erge uno stemma circolare con la corona marchionale. Nella parte sinistra si notano sei palle, simbolo della famiglia Da Silva sovrapposte all’immagine dell’albero sradicato, emblema del Giudicato Arborense. Nella parte destra, invece, campeggia lo stemma del Regno di Aragona e una torre alata che rappresenta la famiglia Alagon.
Nell’arco del tempo, il castello ha svolto diversi ruoli, tra cui quello di caserma, prigione e sede scolastica, finendo poi per essere abbandonato e usato come rimessa agricola.
Solo nel 1991 il castello è stato accorpato al patrimonio comunale e oggetto di molteplici restauri. Adesso, la biblioteca comunale è collocata al piano terra dello stabile, accogliendo spesso mostre ed eventi culturali. Una saletta attigua ospita il Consiglio Comunale.
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Oliena, conclusa una delle esercitazioni speleologiche più complesse mai realizzate in Sardegna

Corrias: “Serve una legge regionale per rafforzare il Soccorso Alpino”.
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La Valle di Lanaitho si è tinta di rosso per tre giorni, diventando il fulcro di una delle esercitazioni speleologiche più articolate mai condotte in Sardegna. Dal 5 al 7 dicembre, 165 tecnici del Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas) provenienti da undici regioni italiane – insieme a medici e infermieri specializzati nel soccorso in ambienti ostili – hanno trasformato la grotta Su Bentu in un laboratorio operativo di alta complessità.
L’esercitazione prevedeva il recupero di un escursionista ferito, rappresentato da un figurante, bloccato a oltre tremila metri dall’ingresso della cavità con presunti traumi al bacino e alla schiena. La squadra di primo intervento del Cnsas lo ha raggiunto nella Sala Giovanni Nonnis, avviando immediatamente la valutazione clinica e le manovre medicalizzate.

Foto di Salvatore Corrias
Nel frattempo all’esterno si allestiva il campo base, con il Centro di Coordinamento Mobile operativo giorno e notte. Una seconda squadra ha steso lungo tutto il percorso sotterraneo un doppino telefonico per mantenere il contatto continuo tra superficie e profondità, mentre altre unità installavano complessi sistemi di movimentazione su corda per superare strettoie, laghetti e pozzi verticali della grotta.
Uno dei punti centrali dell’esercitazione è stata la sperimentazione del sistema Ermes, la tecnologia del Cnsas che permette la trasmissione multimediale di dati dall’interno delle cavità. Grazie a questo sistema, le autorità presenti sabato hanno potuto seguire la diretta dei parametri vitali del ferito, il confronto tra i sanitari in grotta e la Centrale Operativa del 118 di Sassari, e persino la trasmissione in tempo reale di un’ecografia eseguita sottoterra.
L’intera operazione simulata si è conclusa dopo 44 ore, all’alba di oggi, con l’uscita della barella contenente l’infortunato. Una prova che ha confermato – come sottolineano dal Cnsas – l’elevato livello di preparazione e coordinamento raggiunto dalle squadre impegnate in scenari estremi.
Soddisfazione e apprezzamento sono arrivati anche dal parlamentare Salvatore Corrias, che ha seguito da vicino i lavori. “Gli operatori del Soccorso Alpino e Speleologico hanno trasformato la Valle di Lanaitho in un esempio straordinario di professionalità e dedizione”, ha dichiarato. “Questa esercitazione dimostra quanto sia avanzato il loro livello tecnico e quanto sia fondamentale garantire loro strumenti adeguati”.
Corrias ha poi ribadito la necessità di un intervento normativo regionale: “È evidente che il Soccorso Alpino e Speleologico della Sardegna debba essere valorizzato e potenziato. La nuova legge regionale, frutto dell’unificazione delle proposte 149 e 72, deve dare stabilità al sistema di soccorso organizzato. Parliamo di un servizio essenziale”, ha concluso, “sempre più necessario in un’isola in cui la fruizione dei territori cresce ogni anno. Dobbiamo mettere questi professionisti nelle migliori condizioni per salvare vite, in montagna come nel sottosuolo”.
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