La curiosità. L’usanza sarda della notte di Capodanno è stata raccontata da Grazia Deledda

Questa usanza, per acpire se due persone si volevano bene davvero, viene raccontata benissimo da Grazia Deledda, nella novella "L'ospite".
Nella notte di capodanno in Sardegna, come racconta il blog “Contusu”, soprattutto in Barbagia, esisteva un’usanza molto diffusa, su giogu ‘e sos olzoso, che serviva a capire se due persone si volevano bene davvero e se la loro relazione sarebbe stata stabile anche nell’anno entrante.
Il gioco consisteva nel prendere una bacinella (o un secchio) e riempirla d’acqua. Una volta riempita si inizia a creare un mulinello con un dito. A quel punto si buttavano dentro due chicchi d’orzo a cui si davano i nomi delle persone di cui si voleva conoscere il futuro sentimentale. Dopo che i chicchi d’orzo avevano girato un bel po’ uno dei due di solito si fermava al lato e smetteva di girare. Se l’altro chicco d’orzo si fermava nello stesso punto poco dopo allora significava che le due persone si volevano bene per davvero. Se invece il secondo chicco continuava a girare da solo o si fermava da un’altra parte significava che quell’amore sarebbe durato ben poco, difficilmente oltre la fine dell’anno che stava per cominciare.
Questa tradizione viene raccontata benissimo anche da Grazia Deledda, nella novella “L’ospite”. Ecco il brano in cui la racconta:
Lo sapevate? Le “pintaderas” venivano usate dai nuragici per decorare il pane

Si chiamano “ Pintaderas” e risalgono all’epoca nuragica, sono piccole matrici di terracotta circolari in basso rilievo che servivano per decorare il pane votivo ancora crudo.
Si chiamano “ Pintaderas” e risalgono all’epoca nuragica, sono piccole matrici di terracotta circolari in basso rilievo che servivano per decorare il pane votivo ancora crudo. Potevano avere un diametro che variava dai 5 ai 10 centimetri e venivano utilizzate come una sorta di timbro che imprimeva figure geometriche in rilievo prevalentemente a raggiera. Il pane, considerato un bene prezioso, veniva anche donato alle divinità. Molti bronzetti rinvenuti negli scavi archeologici in diverse zone della Sardegna, infatti raffigurano uomini nell’atto di salutare in un gesto di devozione la divinità, mentre recano un piccolo pane nella mano sinistra. Queste piccole focacce sono caratterizzate da decorazioni che ricordano i motivi delle pinaderas ma incise in negativo.
Le pintaderas, simili tra loro, ma con molte varianti risalgono al termine del Bronzo Finale e alla prima Età del Ferro (X-VIII secolo a.C.) e sono state rinvenute in diversi scavi, nei villaggi e nei luoghi di culto, a dimostrazione del fatto che erano state create proprio con lo scopo di decorare il pane destinato alle cerimonie. Questa tradizione di decorare il pane con le matrici è stata mantenuta anche in epoca punica, in quella cartaginese e romana.
Anche in epoche molto più recenti, si usava “timbrare il pane”, anche se la finalità era diversa. Non si trattava infatti di decorare il pane, ma dal momento che spesso si utilizzavano forni pubblici per la cottura del pane, ogni famiglia usava contrassegnare il proprio pane con una “marca” personalizzata per distinguerlo da quello degli altri. Le marche erano fatte di legno e spesso erano finemente scolpite con complesse composizioni floreali, motivi geometrici o animali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA