Come ogni anno, nel periodo che va dalla fine di ottobre al mese di novembre, nelle campagne italiane, e quindi nelle terre della Sardegna, si procede alla consueta raccolta delle olive.
Questa tradizione si perde nella notte dei tempi, essendo l’ulivo noto già a Fenici ed Egizi, e successivamente a Greci e Romani.
Nella nostra Isola la presenza di olivastri e ulivi millenari dimostra che già durante la civiltà nuragica questo prezioso frutto veniva utilizzato per i suoi preziosi scopi. La produzione dell’olio è sempre stata per la Sardegna una risorsa fondamentale per la propria economia.

Ulivo di Luras. Ph: Renner
Scorrendo la storia, se ci guardiamo indietro fino ad arrivare ai giorni nostri, ognuno di noi potrà sicuramente ricordare e raccontare di quelle fredde giornate, baciate da un timido sole, passate all’ombra di grandi ulivi, con le nostre nonne o madri intente a toglier le olive dai rami e a riporle nei loro “antalenis” – i grembiuli – con i nostri padri arrampicati sulle folte chiome di quei possenti alberi, e di noi che crescendo aumentavamo di grado, passando da giovani raccoglitori a raccoglitori esperti autorizzati a poter utilizzare l’ambito strumento, il “rastrellino”.

E dopo la lunga giornata, infine ricorderemo quel luogo dove ci si recava all’imbrunire: il frantoio. Qui si poteva sentire quel profumo d’olio e quel vociare continuo di proprietari che disquisivano sui chili raccolti, sulla resa e su ciò che il temuto vento aveva “lasciato” prendere dalla pianta.

Gli anni sono passati e con loro sono cambiati le coltivazioni, i metodi e gli strumenti di raccolta. Dalle vecchie “pratzas” – piazzole – ricavate e pulite sotto le piante dove poter far cadere le olive per essere poi raccolte, alle odierne reti, sempre più a misura di albero e tipo di terreno, ai moderni scuotitori che hanno agevolato e alleggerito, grazie anche ai nuovi sistemi di potatura, il sistema di raccolta.
Passeranno gli anni, cambieranno i metodi, ma in questo periodo dell’anno gli odori e il vociare saranno sempre presenti nei nostri frantoi, a ricordo e conferma di una pratica che non passerà mai.
Elia Walsh

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