Lo sapevate? Nel quartiere di Forcella c’è un gigantesco murale dedicato a San Gennaro

“Gennaro” è un’opera di street art di Jorit Agoch a Napoli che rappresenta l’immagine di San Gennaro con lo sguardo assorto verso l’alto. Il murale ha a un’altezza di 15 metri e dal 2015 occupa la facciata di un edificio nel quartiere di Forcella a Napoli. L'artista ha impiegato sette giorni per realizzarlo e non ha voluto alcun compenso.
Lo sapevate? Nel quartiere di Forcella c’è un gigantesco murale dedicato a San Gennaro.
“Gennaro” è un’opera di street art di Jorit Agoch a Napoli che rappresenta l’immagine di San Gennaro con lo sguardo assorto verso l’alto.
Il murale ha a un’altezza di 15 metri e dal 2015 occupa la facciata di un edificio nel quartiere di Forcella a Napoli.
L’opera del San Gennaro operaio ha ricevuto il patrocinio dell’assessorato ai giovani del Comune di Napoli, del Museo del Tesoro di San Gennaro e della Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro.
Come riporta Arte in Campania, il murale “Gennaro” di Jorit Agoch si trova su un palazzo di Piazza Crocelle ai Mannesi nel quartiere di Forcella, affianco alla Chiesa di San Giorgio Maggiore e poco distante dal Duomo di Napoli.
Il murale “Gennaro” di Jorit è raggiungibile in soli 10′ a piedi, percorrendo via Duomo, dalle fermate della Metropolitana di Museo (Linea 1) o Piazza Cavour (Linea 2).
Qual è il significato dell’opera?
Come svelato dallo street artist Jorit Agoch, il vero modello di ispirazione per il suo “Gennaro” è stato un amico dello stesso, giovane carrozziere, modesto ed onesto come i natali di San Gennaro.
In un’intervista Jorit ha detto: “Santifico le persone del popolo come Caravaggio. Forse sembra blasfemo ma scelgo gente comune per dare il volto a Santi e Madonne, persone che conosco e mi hanno colpito. Il San Gennaro ritratto sul muro di Forcella è un mio amico, un operaio napoletano di 35 anni”.
In un’altra intervista Jorit ha aggiunto: “Non è l’arte che cambia il mondo, non ci possiamo illudere. Ma ci sono realtà come Brooklyn in cui la presenza di graffiti ha migliorato i quartieri. I dipinti non sono la soluzione ai problemi, ma consentono di creare tour d’arte e migliorano l’aspetto delle zone in cui vivono i cittadini”.
Jorit Agoch in una settimana ha dipinto l’enorme volto.
Scendendo da Spaccanapoli, appare l’immagine del patrono alta più di 15 metri: è stata inaugurata il 19 settembre 2015, nel giorno del miracolo dello scioglimento del sangue. L’opera intitolata “Gennaro” è nata a due passi dal Duomo su iniziativa di “Inward osservatorio sulla creatività urbana”.
Il protettore di Napoli dipinto all’ingresso di Forcella ha lo sguardo rivolto verso il cielo. Jorit – tra i più noti e apprezzati street artist in Italia e all’estero – ha cercato personalmente la superficie perfetta su cui dipingere il Santo e ha lavorato gratuitamente per una settimana dalle 8 alle 20 su un braccio meccanico messo a disposizione dal Comune.
La facciata destinata a ospitare il graffito è stata ripulita dalle infiltrazioni. L’Enel ha eliminato alcuni cavi pendenti. E il condominio ha dato il via a una colletta per rimettere a posto una vicina grondaia e tutelare “un capolavoro già amato dai turisti”.
“La mia ricerca si concentra sull’emozione che i volti riescono a trasmettere” aveva dichiarato l’artista nato a Quarto da padre italiano e madre olandese, e laureato all’Accademia delle Belle Arti. “Fotografo il soggetto, lo studio – prosegue – Molti parlano di street art, ma in realtà è un dipinto su un muro realizzato con bombolette spray. Un vero graffito”.
Secondo una recente ricerca seguita dal Vaticano si considera che San Gennaro sia il santo più amato del pianeta con svariati milioni di fedeli al suo seguito. Per San Gennaro i napoletani nutrono un affetto che va ben oltre il devozionale, molti infatti si rivolgono a lui quasi fosse uno di famiglia.
Fra i santi dell’antichità, Gennaro è certamente uno dei più venerati dai fedeli grazie anche al culto che gli tributano i napoletani accompagnato periodicamente dal misterioso prodigio della liquefazione del suo sangue. Patrono amatissimo di Napoli, i suoi attributi iconografici sono il bastone pastorale e la palma, simbolo del martirio.
Gennaro non è il nome del santo ma il suo cognome, che all’epoca veniva chiamato “gentilizio”. “Gennaro” deriva infatti da “Ianuarius”, un appellativo che veniva dato a coloro che nascevano nel mese di Gennaio. Il nome vero di San Gennaro è probabilmente Procolo (o, come riportano altre fonti, Publio Fausto Gennario). Gennaro discendeva dalla famiglia gentilizia della gens Januaria, che durante l’era pagana era dedita al culto del bifronte dio Giano.
San Gennaro nacque nel III secolo d. C. a Napoli. Diventato vescovo di Benevento, si fece ben presto amare da tutta la comunità, cristiana e pagana. Quando decise di tornare a Napoli fu fatto arrestare dal proconsole che lo condannò a morte.
Le spoglie di San Gennaro furono sistemate a Pozzuoli e dopo circa cento anni furono trasferite nelle catacombe di Capodimonte. Durante questo spostamento il suo sangue, conservato in due ampolle di vetro, si sciolse.
Secondo la leggenda, una nobildonna, Eusebia, raccolse in due ampolle il sangue del santo versato durante l’esecuzione della decapitazione. Le boccette poi furono consegnate al vescovo Severo durante il trasporto delle reliquie da Pozzuoli alle catacombe di Capodimonte.
Oggi le due ampolle sono conservate all’interno di una teca che si trova nel Duomo di Napoli. Una curiosità nella curiosità: una delle due ampolle contiene meno sangue perché Carlo III di Borbone ne prelevò una parte per portarlo con sé in Spagna. Tre volte l’anno, durante una solenne cerimonia i fedeli accorrono per assistere alla liquefazione del sangue di San Gennaro.
Il sangue si scioglie il 19 settembre, il sabato precedente la prima domenica di maggio e il 16 dicembre. Il miracolo si verifica a Napoli e, quasi contemporaneamente, nella chiesa di San Gennaro alla Solfatara di Pozzuoli, sulla pietra su cui fu decapitato il Santo.
San Gennaro subì il martirio perché non rinunciò alla fede cristiana. Il suo martirio avviene all’inizio del IV secolo d.C., all’epoca di Diocleziano, uno degli imperatori che più ferocemente perseguitò i Cristiani.
San Gennaro si recò a Pozzuoli per andare a trovare il diacono Sossio (o Sosso), incarcerato dal proconsole della Campania Dragonio perché guida della comunità dei Cristiani nell’area dei Campi Flegrei.
San Gennaro andò da Sossio con Desiderio e Festo e tutti furono incarcerati e condannati a essere sbranati dagli orsi. Le fonti raccontano che le bestie si mostrarono mansuete e anche a causa della simpatia che il popolo provava nei confronti dei prigionieri, il proconsole Dragonio li fece decapitare.
La tradizione, tra popolare e religioso, presenta un’ulteriore versione: il supplizio venne mutato perché le fiere si sarebbero inginocchiate dinanzi ai condannati dopo una benedizione di Gennaro. A questo punto dopo aver provato a farli morire con le stufe di Solfatara, ma senza risultati, i condannati vennero decapitati.
Sono numerosissime le curiosità legate a San Gennaro. In molti ignorano anche che il santo più amato dai napoletani deve condividere il ruolo di patrono della città con ben altri 52 santi.
Le sue spoglie furono trafugate attorno l’831 e portate a Benevento. Nel XII secolo furono traslate nel santuario di Montevergine, ad Avellino, ma qui era praticato il culto di Mamma Schiavona e i resti del santo furono presto dimenticati. Nel 1497 il corpo di san Gennaro fu solennemente traslato a Napoli, nel Duomo, dove si trova tuttora.
Nel 1933 Maria Josè, moglie di Umberto II di Savoia, si trovò a visitare la Cappella di San Gennaro in forma privata e non avendo portato con sé nulla da donare, si sfilò l’anello che indossava offrendolo al Santo. Questo dono regale trova ora posto sulla collana, uno dei gioielli più preziosi esistenti al mondo. Per costruirla nel 1679 vennero utilizzare tredici grosse maglie in oro massiccio al quale sono appese croci tempestate di zaffiri e smeraldi.

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