La splendida chiesa di Sant’Eligio Maggiore e la leggenda delle due “capuzzelle”

La bellezza e il fascino di uno dei più antichi edifici religiosi di Napoli che giace nascosto tra il Borgo Orefici e i vicoli dietro il Corso Umberto: la chiesa di Sant’Eligio con il suo bellissimo arco e l’enorme orologio che lo domina. È qui che si cela una leggenda, quella delle due “capuzzelle” scolpite sulla sua facciata.
Piazza Mercato, luogo ricco di storia e fascino, custodisce un tesoro, in posizione defilata per cui scoprirlo e restarne ammaliati è una cosa certa e quasi scontata. Parliamo della chiesa gotica più antica di Napoli, costruita nel 1270 e voluta da tre potenti della corte di Carlo I d’Angiò: La Chiesa di Sant’ Eligio Maggiore. Uno degli esempi più eleganti del gotico meridionale che più si avvicina al gotico d’oltralpe, la chiesa è una delle prime chiese angioine realizzate a Napoli.
La Chiesa, che anticamente era affiancata da un ospedale presenta l’abside poligonale che volge verso piazza Mercato, mentre l’ingresso della Chiesa è dal lato destro, nascosto, prima dell’arco con il famoso e bellissimo Orologio, e con il magnifico portale strombato della fine del 1200, unico nel suo genere nella Città di Napoli, certamente opera di maestranze francesi, con elementi zoomorfi e fitomorfi scolpiti in forte aggetto.
L’interno è a tre navate, accresciute di una quarta alla fine del XVI secolo. La copertura della navata centrale e del transetto è a capriate lignee, mentre le navatelle laterali e l’abside presentano una copertura a volta costolonata in tufo giallo con le membrature in piperno. Alla quarta navata, che faceva parte dell’antico ospedale, si accede attraverso due grandi arcate in piperno di stile tardo rinascimentale. L’arco esterno, realizzato nel corso del Quattrocento, e addossato alla chiesa di sant’Eligio, fu eretto per collegare il campanile a un edificio adiacente la struttura.
Il primo piano in stile gotico custodisce l’orologio, sotto la cui cornice si possono notare due sculture bianche, due testine che raffigurano una giovane vassalla ed il duca Antonello Caracciolo, protagonisti di una leggenda di epoca cinquecentesca narrata anche da Benedetto Croce in Storie e leggende napoletane. Il secondo piano ospita una finestrina con stemmi aragonesi, si racconta che dietro quella finestra i condannati aspettavano il momento dell’esecuzione.
A riguardo delle due testine o dette in napoletano “capuzzelle” si narra che nel cinquecento Antonello Caracciolo durante una battuta di caccia nei suoi possedimenti in Calabria, si innamorò di una vassalla. Pur di raggiungere i suoi scopi, imprigionò il padre di lei e, come riscatto, pretese la soddisfazione del suo desiderio passionale. Una volta liberato il padre la famiglia della ragazza cerco giustizia presso Isabella d’Aragona. La regina fece condannare Antonello a morte sul patibolo del Campo del Moricino, e pretese che la fanciulla, vestita di bianco, lo accompagnasse. Prima di morire il Caracciolo fu costretto a sposare la vassalla e a lasciarle i suoi beni. Il duca Antonello chiese perdono e invocò la clemenza del popolo.
La regina rispose che la decisione spettava alla ragazza. La ragazza stava sul punto di perdonarlo, quando tra la folla vide il volto di un vecchio urlante e cadde morta a terra per lo spavento. A questo punto Antonello fu spacciato e la sua testa rotolò accanto al corpo senza vita della ragazza. Qualche giorno dopo, la regina volle che le teste dei due giovani fossero scolpite sull’arco accanto alla chiesa.

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