Il Parco Verde di Caivano: la lunga storia di un luogo maledetto che invoca la luce del riscatto

Alle porte della città, periferia nord di Napoli, eppure sembra distante troppi chilometri. Il parco Verde è chiuso in un universo fatto di droga, degrado, violenza. Un luogo al centro di fatti gravi di cronaca, una periferia maledetta come tante. Ma il male non nasce per caso. Scopriamo che storia ha questo quartiere e cosa si muove perché le cose cambino.
È ormai praticamente noto a tutti, agli onori delle cronache da sempre, ma questa volta ancor di più e a livello nazionale. Parliamo del Parco Verde di Caivano, un rione popolare dal nome che evoca parchi lussureggianti e oasi di verde, ma che è quanto più distante ci possa essere da una realtà del genere. Si dice sia la piazza di spaccio più grande d’Europa, una vera e propria roccaforte della criminalità organizzata, dove a comandare è solo la Camorra.
L’ultimo episodio di cronaca lo conosciamo tutti, a parlarne tv e giornali. Due cuginette di poco più di 10 anni stuprate dal branco, ripetutamente, caso su cui il capo clan di Parco Verde ha imposto il silenzio. Omertà, violenza, degrado, infanzia violata.
La cronaca è nota, cerchiamo invece di capire e conoscere la storia di questo quartiere, che tanto diverso da altre periferie dimenticate del mondo non è. Un agglomerato di case nelle campagne alle porte della città che è diventato negli anni luogo ideale per la criminalità, dove poter istituire ogni tipo di traffico illegale, poiché lo Stato ha deciso di trascurare, chiudere gli occhi di fronte a oasi di illegalità a cielo aperto e vite smarrite.
La storia del Parco Verde doveva essere diversa: nato come quartiere popolare simbolo di rinascita, è oggi un luogo perso, corrotto, da dove si alza il grido di denuncia costante e infaticabile di Don Patriciello, il prete anti-Camorra che lotta contro l’inquinamento della Terra dei Fuochi.
Il quartiere nasce negli anni ’80 e viene costruito con i fondi messi a disposizione dallo stato dopo il terremoto dell’Irpinia. Si vuole dare una casa a oltre 300mila sfollati. Eppure, dove scorre il denaro arriva la criminalità organizzata. Il Parco Verde Caivano diviene così fin da subito oggetto e territorio di speculazione edilizia, che ha portato alla nascita di enormi palazzi anonimi e ravvicinati, privi di servizi. Abitazioni che avrebbero dovuto essere provvisorie, per poi essere riqualificate e assegnate e che invece sono diventate permanenti e dove senza troppi ostacoli a comandare ci si è messa la Camorra. Quanti fatti tristi di cronaca ricorda questa terra maledetta.
Ancora impresse nella memoria le tragiche morti di Antonio Giglio, 4 anni nel 2013, e quella di Fortuna Loffredo, 6 anni nel 2014, entrambi precipitati dalle finestre di un palazzo per mano di Raimondo Caputo. Tra spaccio, abusi e violenze, il prete coraggio Don Patriciello ricorda che questi sono solo il risultato di un contesto di abbandono e di forte degrado, ma come si è giunti a questo? Dopo la nascita del quartiere, il Parco Verde Caivano è diventato un vero e proprio ghetto, una succursale delle piazze di spaccio di Scampia e Secondigliano.
In pochissimo tempo il complesso popolare alle porte di Napoli è diventato un mondo a sé, diviso da mura e cancelli: un vero covo della criminalità. In un territorio vergognosamente abbandonato dalle istituzioni e dove cresce la povertà, l’unico mezzo di sopravvivenza, scelta obbligata per molti residenti del quartiere, è l’attività di spaccio. Attività che ogni anno coinvolge sempre più giovani adolescenti che, se non recuperati, rimangono intrappolati in questo mondo e spesso con epiloghi tragici.
Il radicamento della Camorra in questo quartiere è cosa molto salda; la criminalità non solo si appropria di spazi pubblici e privati ma si sostituisce allo Stato, infiltrandosi lì dove non arrivano le istituzioni. Basti pensare che persino la pulizia delle strade è gestita dai clan camorristi. Il quartiere non è solo gente dedita alla malvivenza, come è ovvio, ma bene ribadirlo. Tanto si sta provando a fare, ancora poco per far cambiare le cose: la realizzazione di un’area giochi, l’insediamento di una stazione dei Carabinieri nel 2022 e la creazione di Una stanza tutta per sé, centro antiviolenza.
Chi si è realmente fatto carico della lotta alla Camorra e all’inquinamento della Terra dei fuochi è don Maurizio Patriciello, il prete anti-Camorra che ormai vive sotto scorta, e che è riuscito ad unire il quartiere, arrivando al Presidente della Repubblica all’epoca Napolitano, al Papa, portando in piazza oltre 100mila persone. Per salvare un territorio davvero, serve però lo Stato, servono le istituzioni, interventi massicci: una riqualifica edilizia; aiuti economici per le famiglie più disagiate. Don Patriciello racconta che sempre più famiglie bussano alle sue porte perché non sono in grado di “comprare un litro di latte”, famiglie che finiscono nel mirino dei clan camorristi. Fondamentale risulta la presenza sul territorio non solo delle forze dell’ordine ma di centri di ritrovo, centri culturali per la collettività – la chiesa di Don Patriciello da sola non basta.
Il punto è togliere i più giovani dalle strade, dargli stimoli, educazione, sogni, bellezza e prospettive reali di lavoro. C’è ancora tanto da fare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA