(FOTO) Il vicolo più stretto di Napoli? Quello del Cerriglio, un luogo nascosto e legato al nome di Caravaggio
Quando si passeggia per i vicoli di Napoli, sembra proprio di respirare un’aria antica, orgogliosa di sé, legata a un secolo difficile per la città, il 1600. Il Vico del Cerriglio si dice sia quello più stretto di Napoli, e proprio nel ‘600 fece da sfondo a un avvenimento tragico che coinvolse il grande Caravaggio.
Nascosto dietro i palazzi, discreto ed evocativo, proprio nel cuore del centro antico napoletano, esiste un vicoletto, quello del Cerriglio, che ha una storia affascinante. È un piccolo pezzo di città dimenticata fra quello che era il porto, ai tempi in cui il mare arrivava fino alle mura della città, e Santa Maria la Nova.
Un luogo pieno di fascino, dove ad accoglierti è un silenzio quasi surreale, improvviso, lasciato il frastuono della grande città a soli pochissimi passi da lì.
Questa piccola stradina, secondo molti la più stretta di Napoli, è legata al nome di Caravaggio. Ecco perché. L’origine del suo nome è ancora avvolta nel mistero: secondo alcuni deriverebbe dal gruppo di querce, “ceriglie” in napoletano, che un tempo delimitavano l’antico quartiere medievale. Ed è proprio nel medioevo che la storia del Cerriglio si perde con la leggenda: qui si trova un’antichissima locanda, oggi ancora in attività, aperta nel 1300 ai tempi di Roberto d’Angiò.
Leggenda vuole che il primo gestore della famosa osteria si chiamasse O’Ricciulillo: qui, nei secoli, sono passati grandissimi scrittori e artisti, i quali hanno decantato la bellezza del luogo e la magica poesia racchiusa nei pochi metri di selciato. Fino al 1740 fu di proprietà delle suore napoletane di Santa Chiara, e nella seconda metà dell’Ottocento venne trasformata in un deposito.
Da Boccaccio a Basile, fino a Benedetto Croce, fu luogo amato e apprezzato da moltissimi intellettuali per il suo carattere popolare: da alcuni fu addirittura chiamato “lo cerriglio incantato”. Caravaggio, il più grade pittore del ‘600, era giunto a Napoli la prima volta nel 1606.
I vicoli bui e malfamati dei Quartieri Spagnoli, dove trova alloggio, gli forniranno l’ispirazione per alcuni dei suoi più famosi capolavori, di cui soltanto due oggi restano conservati in città: le suggestive “Sette opere di Misericordia” e una seconda e bellissima versione della “Flagellazione di Cristo”, oggi conservata presso il Museo di Capodimonte. Dopo un breve soggiorno a Malta, ritornerà a Napoli alla fine dell’estate del 1609. Dietro di lui una scia di sangue e misteriosi avvenimenti che lo segneranno per sempre: già a Roma l’artista aveva partecipato a diverse risse, ma l’episodio più grave si era verificato nel maggio 1606 quando Caravaggio aveva ferito mortalmente Ranuccio Tommasoni da Terni. I biografi sono ancora incerti sulle cause della rissa: lite per motivi amorosi o politici, non è chiaro.
Caravaggio aveva dovuto abbandonare la capitale con una condanna a morte eseguibile da chiunque l’avesse riconosciuto per strada. A Malta, ugualmente, Caravaggio venne addirittura incarcerato a seguito di un’altra rissa: fuggito, si ritroverà dapprima in Sicilia e poi di nuovo a Napoli, e ecco cosa gli accadde, proprio al Cerriglio: una notte di settembre del 1609 viene aggredito all’uscita della locanda da quattro uomini che lo picchieranno con tale brutalità da far credere, inizialmente, che Caravaggio fosse morto. Familiari di Tomasoni probabilmente, o sicari inviati da un rivale maltese. Questa storia di violenza sembra aver lasciato tracce indelebili sulla pietra di questa stradina, immersa in un silenzio carico di voci che si perdono nei secoli addietro.
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