C’era una volta Fortuna, ‘a bananara e Montesanto. Figura storica del mercato più vivace di Napoli, la Pignasecca.

Sono passati cinque anni dalla sua scomparsa. Fortuna era una figura storica del quartiere Montesanto. Vendeva banane davanti alla stazione della Cumana e la sua storia è un pezzo di questa città, specchio di una Napoli che quasi non c’è più.
Chi se la ricorda Fortuna? La “bananara” di Montesanto, figura mitica, storica, iconica, di un quartiere di per sé ricco, ricchissimo di tradizioni e antiche visioni. Correva l’anno 2018 e la signora Fortuna, si spegneva all’età di 92 anni, lasciando un intero quartiere orfano della sua bancarella, della sua voce roca, del suo sguardo dritto e inamovibile. In tantissimi la conoscevano, e non certo solo chi di quel quartiere era residente. Tantissimi quelli di passaggio che sicuramente la ricordano bene.
Montesanto è un luogo di approdo per quanti vengono dalla zona flegrea diretti al centro storico, come per quelli della Napoli alta e da chi proviene dall’area vesuviana. Montesanto è il ventre della città e Fortuna con la sua bancarella ricolma di banane, era il cuore pulsante di un mercato, quello della Pignasecca, tra i più antichi e belli di Napoli. Oggi, a distanza di 5 anni, con Fortuna è andato via anche un pezzo di storia e colore napoletano: sempre meno gli ambulanti napoletani e le bancarelle di quel genere, sempre di più gli ambulanti indiani, srilankesi, africani. Montesanto è la più multietnica delle zone di Napoli e tutto è segno dei tempi. Ma chi era questa anziana signora dal nome così bello?
Fortuna ha passato una vita intera seduta su una sedia di legno con il freddo più inclemente ed il caldo più implacabile, a vendere banane mentre la vita coi suoi mille colori le passava dinanzi; lei osservava con curiosità tutto e tutti. Gestiva uno dei quei commerci minuti che non hanno più ragione d’essere al giorno d’oggi. Ma chi compra banane in un buco che vende solo banane? Vendeva pezzi di tropici in una città di mare, caldo e vulcani: dunque tanto fuori luogo non era, Fortuna. Banane e poi ‘e nanasse, gli ananas. E nella stagione autunnale le noci. Una bilancia di ottone di quelle che non pesano e non peseranno mai un chilo onesto; un volto indurito dal tempo e annerito dallo smog e dal sole; una ruga orizzontale a tagliare in due la fronte, occhi stretti e vivi che nel corso degli anni hanno affascinato tanti fotografi, turisti e professionisti che si sono trovati in mezzo alle chiazze di colori del mercato napoletano.
Nessuno la riteneva come la più affabile dei commercianti ma tutti l’hanno difesa quando nel 2012, l’improvvisa ventata di ipocrito legalitarismo post-elettorale impose lo sfratto della microscopica bancarella davanti alla stazione della Cumana. Così Fortuna, smessi i panni della commerciante non lasciò però la storica posizione. E, rimasta senza merce, stese semplicemente la mano per chiedere l’elemosina. Fortuna di nome, ma non di fatto. Fortunata, difatti, la sua vita non fu, come raccontano molti del quartiere: famiglia numerose e pochi soldi per vivere. Ha trascorso una vita intera nel ventre della città, un secolo di Napoli visto dagli occhi di una donna. Fortuna ci ricorda inevitabilmente un altro come lei, uno che ha fatto la storia del commercio minuto, dell’ambulantato partenopeo: quel Fortunato ‘o tarallaro che teneva ‘a robba bella, cantato da Pino Daniele. Per Fortuna invece niente canzoni, ma il ricordo della sua figura minuta e espressiva è vivissimo in tutti gli abitanti e frequentatori di Montesanto, di cui ha scritto un pezzo di storia.

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