Napoli, condannato il clochard che diede fuoco alla Venere degli stracci. Polemiche per la pena inflitta

La “Venere degli stracci” era un’installazione che campeggiava, con i suoi 10 metri di altezza, in piazza Municipio. Fu data alle fiamme il 12 luglio e da allora ciò che resta è uno squallido e triste scheletro che attende di essere rimosso. Il sindaco Manfredi ha promesso che presto l’opera tornerà a dominare la piazza.
Quanto clamore destò la distruzione dell’opera dell’artista Michelangelo Pistoletto, data alle fiamme da un senza fissa dimora napoletano questa estate.
La città si svegliò, la mattina del 12 luglio, con una piazza Municipio, luogo dove la “Venere degli stracci” era stata installata, dominata dalla visione a tratti shoccante dell’opera, i cui resti, uno scheletro annerito, erano ancora fumanti. Al posto della grossa statua della dea Venere e degli stracci che essa sovrasta, la struttura nuda dell’opera. Clamore e indignazione generale non solo in città, ma in tutta la nazione con echi e risonanze anche negli altri paesi. Ne parlarono infatti i giornali di mezza Europa.
Venerdì scorso, il tribunale di Napoli ha condannato a quattro anni di reclusione e al pagamento di una multa di quattromila euro Simone Isaia, il senzatetto 32enne reo dell’incendio. L’installazione era una delle più note opere di Pistoletto, una riproduzione in dimensioni più grandi dell’originale esposta in diverse versioni in vari musei. Pistoletto è tra i più famosi artisti italiani contemporanei della corrente dell’“arte povera” e l’opera è una riproduzione della statua Venere con mela dello scultore neoclassico danese Bertel Thorvaldsen, ma affiancata da un cumulo di stracci. Il lavoro è stato realizzato per la prima volta nel 1967 e, come già detto, ne esistono varie versioni in diversi musei di tutto il mondo.
Quella incendiata era stata realizzata da Pistoletto appositamente per la città di Napoli: era alta circa 10 metri e, oltre alla statua della Venere realizzata in gesso e resina, consisteva in un’impalcatura metallica ricoperta di stracci. L’incendio che ha distrutto l’opera era cominciato verso le 5:30 del 12 luglio, come testimoniato dai numerosi video girati sul web e realizzati da diverse persone che si trovavano nei paraggi in quel momento. Le indagini avevano permesso di individuare il responsabile, Isaia, che ha disturbi mentali ed era stato messo agli arresti domiciliari in una casa di accoglienza in provincia di Salerno.
Alla condanna sono seguite non poche polemiche: la pena stabilita dal giudice è stata infatti giudicata eccessiva sia da alcuni politici che da persone impegnate nell’associazionismo. Nei mesi scorsi era stato lo stesso Pistoletto ad intervenire con un appello in favore di Isaia, con parole invero sagge e concilianti, nonostante lo sconforto che l’artista visse a seguito del rogo: «Simone ha bisogno di essere curato, non del carcere», disse Pistoletto.
«Le istituzioni si prendano cura di Simone. Il problema della nostra società si rivela con il gesto compiuto contro la mia opera, chi lo ha commesso mostra la malattia sociale con cui conviviamo».

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