Sapete chi fu il primo a parlar male di Napoli? Ecco la Storia degli stereotipi sulla città (più amata e) odiata del mondo

Napoli, in tantissimi la amano, in molti la odiano. Non pochi studi si sono concentrati su eventuali spiegazioni di un fenomeno quantomeno singolare. I luoghi comuni sulla città sono tanti e qui proviamo a citare i più comuni, ma la lista potrebbe essere più lunga. Così come l’elenco dei suoi haters: qui vi sveliamo chi fu, anzi chi furono i primi
Da sempre Napoli e i napoletani vengono classificati attraverso luoghi comuni e stereotipi immutabili nel tempo, spiegarne i motivi è cosa di non poco impegno. I motivi sono diversi, molteplici e affondano le loro radici in ambito storico, sociologico e culturale.
Un argomento molto interessante e che val sicuramente la pena di approfondire e non mancano testi per studiare e analizzare il fenomeno. Nello spazio che ci è consentito, noi ci limiteremo a ricordare quali sono i pregiudizi più diffusi sulla città e chi sono stati i primi haters a scriverne male. ecco in breve rassegna le “accuse” più tristemente note e proviamo anche a smontarle:
- I napoletani sono degli sfaticati. Nessuno ha voglia di lavorare e vivono come parassiti sulle spalle degli altri e dello Stato. Basterebbe ricordare che il popolo napoletano, dalla primissima colonizzazione greca ai tempi odierni, pur di guadagnarsi da vivere onestamente ha al suo attivo il numero maggiore di mestieri inventati dall’oggi al domani. Qualche piccolo esempio: ‘O cartonaro, il Lustrascarpe, ‘O pazzariello e tanti altri ancora
- I napoletani sono tutti furbi e ladri: stereotipo principe, che si collega direttamente al primo punto. Cosa che si smentisce da sola, poiché si tratta di una assurda generalizzazione di un fenomeno che riguarda una percentuale di cittadini, certamente non maggiore a quella che si può trovare in altri popoli.
- A Napoli non piove mai, c’è sempre il sole: questo, in verità, pur non essendo affatto vero, è uno di quei luoghi comuni che tanto piacciono al napoletano stesso. L’idea che Napoli abbia sempre avuto il monopolio del bel tempo è così radicata nei napoletani, che anche Totò, in Totò, Peppino e la malafemmina supportò tale convinzione nella scena dell’arrivo alla stazione di Milano.
- Non fare il napoletano!: non gesticolare, non urlare, non buttare le carte a terra, non rispettare la fila, non sorpassare con la striscia continua, non parcheggiare in divieto di sosta. Il napoletano, insomma, racchiuderebbe in sé tutta la summa dell’inciviltà e della maleducazione.
- Napoli è sporca: come per ogni grande città, la gestione della nettezza urbana e della pulizia delle strade è un problema delicato e non può essere semplificato. Napoli non è certamente più sporca di altre grandi città come Roma, per esempio.
- I cantanti napoletani sono tutti neomelodici: Massimo Ranieri, Lina Sastri, Pino Daniele, Eduardo De Crescenzo, Roberto Murolo, Sergio Bruni, solo per citarne alcuni, ci ricordano che non è così.
- I napoletani sono tutti commedianti: Se da un lato, il napoletano ha il teatro nel sangue e il luogo comune rappresenta orgoglio e vanto, dall’altro il non essere mai creduto perché recita, perché è un chiacchierone, non è sicuramente edificante.
Tanti, lo dicevamo, si sono espressi male sulla città, la lista sarebbe molto lunga, ma è curioso andare a scovare chi è stato il primo, nella storia, a scrivere male di questa città. Il primo componimento ferocissimo contro i napoletani lo scrisse il fiorentino Luigi Pulci, un poeta famosissimo per i suoi versi a dir poco salati contro tutto e tutti. I napoletani in particolare vengono derisi per la parlata, addirittura peggiore, secondo il poeta, del latrato di un cane, per il loro cibo, i napoletani erano soprannominati “mangiafoglia” perché erano talmente poveri da non potersi permettere nient’altro al di fuori di ortaggi e poco più. Tuttavia è nel ‘600 che abbiamo il primo vero, fiero oppositore dei napoletani: Pietro Aretino, uno dei padri della commedia popolare moderna, il quale disse dei napoletani che “le loro frapperie vanno al cielo“.
“Se c’è un cavallo, diranno che i cavalli napoletani sono i migliori al mondo. Se c’è una città, diranno che la loro è la più bella di tutte. Se c’è una donna, diranno che Napoli ne ha mille bellissime“. Pietro Aretino creò il personaggio di Capitan Tinca da Napoli, che era praticamente la versione “napoletana” del Capitan Matamoros, un soldato fallito e fanfarone, che si vantava di imprese mai fatte, di donne mai conquistate e di una ricchezza mai avuta. Nei secoli a venire la lista si allungherà e la critica prenderà toni via via più accesi.

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