Villa Pignatelli di Montecalvo, set di “Io speriamo che me la cavo”. Storia di un luogo che fu incantevole

Tra le più belle Ville Vesuviane, a detta degli studiosi, set di pellicole famose come “Io speriamo che me la cavo” e “Reality” di Matteo Garrone, giace da moltissimi anni in uno stato di spaventoso abbandono. Perché? I lavori di restauro sono costosi e si cercano ormai da anni degli sponsor difficili da trovare
A guardarla oggi si fa davvero una gran fatica a immaginare la passata bellezza di questa che è, secondo gli studiosi, il più fulgido esempio di villa in stile rococò del Miglio d’Oro. Parliamo di Villa Pignatelli di Montecalvo a Largo Arso, nella cittadina di San Giorgio a Cremano, dove sono concentrate un numero molto alto di ville vesuviane di valore storico e architettonico immenso. Molte di queste antiche dimore condividono con questa villa uno stato di forte abbandono purtroppo. Oltre a essere, o meglio essere stata, una delle più belle dell’area vesuviana, questa villa è stata il set di ben due film, entrambi molto noti al pubblico. Dapprima, “Io speriamo che me la cavo”, pellicola del 1992 diretta da Lina Wertmuller, con uno splendido Paolo Villaggio e poi, più di recente il film di Matteo Garrone, “Reality”.
Ma ripercorriamo un po’ la storia di questo edificio: la Villa fu edificato nel 1747, probabilmente su disegni di Ferdinando Sanfelice, per volere della principessa Emanuella Caracciolo Pignatelli, duchessa di Montecalvo. Dopo la morte della principessa, avvenuta nella stessa villa, questa fu acquisita da Emiddio Mele, che lasciò traccia di sè facendo dipingere le proprie iniziali nel soffitto dell’atrio. Successivamente, l’edificio fu riacquistato dalla famiglia Pignatelli di Montecalvo, e divisa a fine XIX secolo tra i fratelli Carlo e Paolo Caracciolo. L’imponente mole della villa, che occupa tutto un lato del largo Arso], comprende una cappella nobiliare ed un ampio loggiato nella porzione nord-occidentale. Robustamente costruita in tufo, presenta un monumentale portale in pietra lavica con bugne a punta di diamante.
Proprio quest’ultimo carattere, in cui gli storici dell’arte hanno visto una similarità con il Palazzo Serra di Cassano di Napoli, è stato il fattore più importante di attribuzione dell’opera al Sanfelice. Ricerche recenti, tuttavia, sembrano smentire quanto sopra, attribuendo invece la villa all’architetto Girolamo Molino. Come dicevamo, da tantissimi anni, la villa si presenta ingabbiata in una struttura d’acciaio che ne impedisce crolli. È quasi impossibile scorgerne gli elementi architettonici, tanto è “avvolta” da una fitta trama di tubi innocenti.
Qualche anno fa un architetto napoletano, Giorgio Esposito, aveva lanciato un appello sulla sua pagina Facebook per cercare sponsor che finanziassero un intervento di recupero. Il problema è che i lavori di ripristino dell’edificio comportano costi esorbitanti, si parla di cifre che si aggirano fra i 4 e i 5 milioni di euro ed è fin troppo chiaro che se non si faranno avanti sponsor generosi e lungimiranti, Villa Pignatelli di Montecalvo rischia di giacere così, ma poi per quanto tempo ancora?
Al momento le impalcature sembrano essere l’unico modo per scongiurare la perdita di uno dei più importanti patrimoni urbanistici del cosiddetto Miglio d’oro, l’area delle splendide ville vesuviane di epoca borbonica. I proprietari degli appartamenti all’interno della villa sono per lo più indigenti e non possono farsi carico degli oneri del restauro. Morte ormai da tempo le speranze che, una volta spente le macchine da presa, la Villa Pignatelli di Montecalvo potesse essere quanto meno attenzionata, non resta che scongiurarne il crollo.

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