La bellissima storia della Chiesa “dei marinai” di Santa Maria di Portosalvo

In tanti temevano una sua demolizione. Dopo anni abbandono, l’anno scorso è stata riaperta al pubblico. E’ una delle chiese più importanti del ‘500, ha una storia affascinante, meta di naviganti e pescatori. Accanto a essa due importanti reliquie, una fontana e una guglia borbonica.
Si erge al centro di un viavai di automobili in transito su una delle vie più trafficate di Napoli, via Marina, edificata su un piccolo slargo quasi sempre deserto. Dopo anni di chiusura e dopo un lungo lavoro di restauro, l’anno scorso è tornata a risplendere la chiesa di Santa Maria di Portosalvo. Un importante edificio sacro un tempo meta dei naviganti che partivano o rientravano salvi nel porto di Napoli. da qui il suo caratteristico nome.
La chiesetta, una delle famose cinquecento cupole napoletane, fu edificata nel XVI secolo, e precisamente tra il 1554 e il 1564 per volere di Bernardino Belladonna per ringraziare la Vergine per averlo salvato da pirati e naufragi. Per tutti è la “chiesa dei marinari” perché, come detto, fu fondata, secondo la leggenda, da questo marinaio miracolosamente scampato a un nubifragio: Belladonna, con un gruppo di pescatori, mercanti ed armatori eresse una congrega con annessa cappella e grazie alle elemosine dei naviganti nacque la Chiesa. Per la sua costruzione fu scelto un luogo fuori le mura della città di Napoli: il largo del Mandracchio.
Lì dove sorgeva il molo angioino, denominato “Porto d’Arcina”. Si suppone che nella zona sbarcassero le mandrie destinate al macello. La chiesa, che ha subito nei secoli varie ristrutturazioni, artista dopo artista, acquisisce la sua fisionomia, con l’orologio circolare sulla facciata, la cupola e il cupolino del campanile, entrambi rivestiti di scenografici embrici gialli e verdi che al tramonto brillano nel cielo della metropoli. Nel 1749 venne inoltre conclusa la costruzione della palazzina che divenne sede di un orfanotrofio detto il “Collegio dei Marinaretti”. Con la ristrutturazione avvenuta tra il 1769 e 1772, la cinquecentesca chiesa di Portosalvo assume un volto barocco e rococò.
Nel corso del tempo se è scampata varie volte al rischio demolizione, non è purtroppo sfuggita al furto di numerose opere d’arte, né all’indifferenza dei cittadini, posta com’è in una zona che in tempi moderni è attraversata solo da auto. Si è salvata poi dalle distruzioni che interessarono la zona durante il Risanamento nell’800, alla costruzione di via Marina, dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale e persino dal boom edilizio degli anni ’50 e ’60. Sembra quasi un miracolo che sia sopravvissuta a tutto ciò.
La chiesa si trova ad un livello inferiore rispetto a quello stradale e mostra una facciata stuccata in stile rococò risalente all’ultimo restauro del XVIII secolo. Sia il piccolo campanile in piperno a quattro ordini che la cupola sono rivestiti da splendide mattonelle gialle e verdi. Oltrepassato il bellissimo portale in piperno bugnato si entra in una chiesa composto da un’unica navata con due cappelle per lato; il presbiterio è delimitato da una bella balaustra realizzata da Dionisio Lazzari. Tra le tante opere di rilevo presenti nella chiesa c’è un soffitto a cassettoni in legno dorato nel cui centro si trova “La Gloria della Vergine”, una tela di Battistello Caracciolo. All’esterno della chiesa ci sono due particolari reliquie che passano spesso totalmente inosservate. Sulla sinistra, c’è la cinquecentesca fontana della “Maruzza” (lumaca).
Sulla destra, isolata dalla chiesa, si erge la Guglia di Portosalvo. Fu eretta nel 1799 dai Borboni per celebrare la riconquista del regno di Napoli dopo la breve e sfortunata parentesi della Repubblica Napoletana del 1799.

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