Monumenti napoletani: San Gregorio Armeno, la chiesa che custodisce le spoglie di Santa Patrizia, patrona della città

Tra i vicoli pittoreschi di Spaccanapoli e la “via dei presepi”, visitiamo idealmente la chiesa di San Gregorio Armeno, sicuramente tra le più interessanti e tra le più antiche della città. Nonostante l’aspetto barocco, risalirebbe a prima dell’anno Mille e insieme al vicino monastero forma uno dei più importanti complessi religiosi di Napoli. La chiesa è nota anche come Santa Patrizia perché, tra ricchi interni decorati con ori e stucchi, custodisce le reliquie della amatissima patrona della città (insieme a San Gennaro). Splendido il chiostro, al centro del quale campeggia una monumentale fontana barocca.
Monumenti napoletani: San Gregorio Armeno, la chiesa che custodisce le spoglie di Santa Patrizia, patrona della città.
Tra i vicoli pittoreschi di Spaccanapoli e la “via dei presepi”, visitiamo idealmente la chiesa di San Gregorio Armeno, sicuramente tra le più interessanti e tra le più antiche della città. Nonostante l’aspetto barocco, risalirebbe a prima dell’anno Mille e insieme al vicino monastero forma uno dei più importanti complessi religiosi di Napoli. La chiesa è nota anche come Santa Patrizia perché, tra ricchi interni decorati con ori e stucchi, custodisce le reliquie della amatissima patrona della città (insieme a San Gennaro). Splendido il chiostro, al centro del quale campeggia una monumentale fontana barocca. Il complesso monumentale di San Gregorio Armeno a Napoli è una tappa obbligatoria.
La chiesa si trova nell’omonima via, tra il decumano maggiore e quello inferiore del centro antico.
Secondo una prima tesi, la primaria chiesa edificata in quell’insula sarebbe stata innalzata sulle rovine del tempio di Cerere attorno al 930, nel luogo che secondo la leggenda avrebbe ospitato il monastero fondato da Flavia Giulia Elena, madre dell’imperatore Costantino, di cui santa Patrizia sarebbe stata una discendente. Secondo altre fonti più accreditate invece, con molta probabilità la datazione della costruzione originaria risale all’VIII secolo e fu avviata quando nel luogo giunsero un gruppo di monache basiliane seguaci della santa che, in fuga da Costantinopoli, si sarebbero stabilite in città dopo la morte della religiosa, portando con loro anche le reliquie di san Gregorio Armeno (che fu patriarca di Armenia dal 257 al 331).
A partire dal 1572 il complesso subì un profondo rifacimento ad opera di Giovanni Francesco Mormando per il progetto e Giovanni Vincenzo Della Monica e Giovan Battista Cavagna per le fasi esecutive. I lavori consistettero nella ricostruzione ex novo di tutti i corpi di fabbrica preesistenti, con la realizzazione della nuova chiesa, questa volta defilata rispetto al monastero, e nella realizzazione del campanile con l’aggiunta di due registri superiori al ponte di congiunzione dei corpi di fabbrica claustrali.
L’impianto cinquecentesco, che segue il tipico schema napoletano controriformista, si presenta con un’unica navata e cinque cappelle laterali.
Il soffitto è a cassettoni e con tavole del fiammingo Teodoro d’Errico. Ci sono poi affreschi di Luca Giordano che raccontano le storie di San Gregorio Armeno e San Benedetto, e tele di F. Fracanzano sulle Storie di San Gregorio.
Il cassettonato della chiesa di San Gregorio Armeno sono una delle più straordinarie testimonianze della bottega fiamminga di Teodoro D’Errico (Dirck Hendricksz). L’artista, formatosi probabilmente ad Anversa e poi a Roma, si trasferisce a Napoli nel 1573 diventando ben presto uno degli artisti più apprezzati del tempo.
Uscendo dalla chiesa di San Gregorio Armeno, dal lato dell’omonima via, si accede al convento e al chiostro.
L’antico chiostro viene completamente stravolto per creare un luogo che rendesse meno dura la clausura, con la costruzione di ben cinque belvedere.
La parte interna del chiostro è suddivisa in due zone: il giardino e un orto dei semplici. Nella zona giardino c’è una una splendida fontana e un gruppo marmoreo a grandezza naturale raffigurante Cristo e la Samaritana al pozzo attribuito a Matteo Bottiglieri.
Vicino alla fontana si trova un pozzo in marmo con una struttura in ferro battuto. Da qui venne estratto il tufo necessario alla costruzione del complesso monastico. Il pozzo, essendo collegato con i cunicoli della vicina Napoli Sotterranea, era anche una via di fuga in caso di assedio.

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