Lo sapevate? Palazzo Zevallos Stigliano è famoso per aver ospitato l’ultimo dipinto di Caravaggio

Lo splendido Palazzo Zevallos Stigliano, si trova in Via Toledo in pieno centro città, prende il nome dal suo primo proprietario, Giovanni Zevallos e sino a poco tempo fa era adibito a museo. In questo palazzo è rimasto esposto “L’ultimo Caravaggio”, l’ultimo dipinto del celebre Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, dal titolo “Martirio di sant’Orsola” realizzata nel 1610, proprio poche settimane prima della sua morte.
Lo sapevate? Palazzo Zevallos Stigliano è famoso per aver ospitato l’ultimo dipinto di Caravaggio.
Lo splendido Palazzo Zevallos Stigliano, si trova in Via Toledo in pieno centro città, prende il nome dal suo primo proprietario, Giovanni Zevallos e sino a poco tempo fa era adibito a museo. In questo palazzo è rimasto esposto “L’ultimo Caravaggio”, l’ultimo dipinto del celebre Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, dal titolo “Martirio di sant’Orsola” realizzata nel 1610, proprio poche settimane prima della sua morte.
Per la cronaca, il celeberrimo Martirio di Sant’Orsola di Michelangelo Merisi (Caravaggio), con tutta la grande e importante collezione di Intesa Sanpaolo sino a poco tempo fa esposta a Palazzo Zevallos Stigliano, in via Toledo, si è trasferita in un nuovo museo creato ad hoc dalla Banca. Sabato 21 maggio 2022 a Napoli è stata infatti inaugurata la nuova sede delle Gallerie d’Italia nel monumentale edificio storico dell’ex Banco di Napoli progettato dall’architetto Marcello Piacentini, sempre in via Toledo.
Il quadro, commissionato da Marcantonio Doria, un nobile genovese, fu dipinto rapidamente dal Caravaggio che non realizzò nemmeno i disegni preliminari. L’artista era stato da poco aggredito dai maltesi al Cerriglio e aveva il volto completamente sfigurato per i ripetuti colpi di coltello. Stanco e debilitato, tuttavia non poteva smettere di lavorare e poiché aveva necessità di incassare al più presto i soldi della commessa, mise il quadro ad asciugare al sole per inviarlo a Genova il prima possibile, senza tener conto dei danni che avrebbe dovuto successivamente riparare.
Il quadro rappresenta Sant’Orsola che resiste alle lusinghe di Attila e per questo le viene inflitta la morte trafiggendola da una freccia.
La tela, dipinta nel 1610, è conservata in quella che un tempo era la camera da letto del padrone di casa: si tratta di una stanza turchese, avvolta da una leggera penombra, perfetta per ammirare l’opera realizzata dal grande maestro a poche settimane dalla sua morte e nella quale possiamo scorgere i tratti di una vita, la sua, avventurosa e dissoluta.
Il palazzo fu eretto tra il 1637 e 1639 da Cosimo Fanzago su iniziativa di Juan de Ceballos y Nicastro (1592-1656; anche noto in italiano come Giovanni Zevallos), che volle un palazzo nobiliare su via Toledo, non riuscendo a costruirne uno nei vicini quanto affollati Quartieri Spagnoli. Juan era un importante mercante e banchiere napoletano di origini cantabriche (il padre era nativo di Vejorís, località situata nell’odierno comune di Santiurde de Toranzo, ma si era trasferito a Napoli in giovane età sposando l’italiana Angela Nicastro), successivamente entrato nell’amministrazione del viceregno napoletano acquistando diverse redditizie cariche venali, ottenendo inoltre nel 1639 la città di Ostuni con il titolo ducale.
Il portale del palazzo è maestoso, tipico delle architetture napoletane, non appena oltrepassato è visibile sulla destra un grande stemma nobiliare della famiglia Colonna con una breve incisione su marmo a loro dedicata.
Subito dopo l’ingresso è il grande salone centrale di Luigi Platania, in stile eclettico, ricavato da un precedente cortile in piperno derivante dall’originario progetto fanzaghiano. Sulle sue pareti sono posti alcuni dipinti murali di Ezechiele Guardascione; la copertura avviene tramite un lucernario vetrato decorato, mentre lo scalone d’onore monumentale, posto a destra, porta al piano superiore ed è decorato con grandi lampade e stucchi dorati di gusto ottocentesco. Sulla volta è un’Apoteosi di Saffo di Giuseppe Cammarano firmato e datato 1832. Le pareti, colorate a fondo verde muschio, sono invece decorate in stampo neoclassico da Gennaro Maldarelli.
Terminato lo scalone monumentale, si aprono in successione le sale che compongono il piano nobile. Tra queste c’è quella degli Amorini, decorata nella volta con decorazioni di fine Ottocento; la sala degli Stucchi, decorata con elementi neoclassici alle pareti; la sala degli Uccelli, anch’essa decorata nella volta con motivi animali e floreali ottocenteschi da cui prende il nome; la successiva sala Pompeiana, che prende il nome dai motivi classicheggianti delle decorazioni a tempera che caratterizzano la volta; e infine la sala della Fedeltà, chiamata così per via della rappresentazione pittorica della virtù sulla volta, che presenta negli elementi decorativi lavori del Cammarano e Maldarelli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA