Monumenti napoletani: l’obelisco di San Gennaro, il più antico della città

A Napoli esistono cinque obelischi: quello di San Gennaro è il più antico e fu realizzato dall’architetto Cosimo Fanzago. L’opera fu un ringraziamento al Santo che aveva fermato la lava dell’eruzione del Vesuvio nel 1631.
Monumenti napoletani: l’obelisco di San Gennaro, il più antico della città.
A Napoli esistono cinque obelischi: quello di San Gennaro è il più antico e fu realizzato dall’architetto Cosimo Fanzago. L’opera fu un ringraziamento al Santo che aveva fermato la lava dell’eruzione del Vesuvio nel 1631.
L’obelisco di San Gennaro (più conosciuto come guglia di San Gennaro) è un obelisco barocco di Napoli, posizionato in piazza Riario Sforza, tra la reale cappella del Tesoro di san Gennaro ed il Pio Monte della Misericordia.
Delle tre grandi guglie di Napoli, quella di San Gennaro è la più antica della città. Le altre sono: la guglia dell’Immacolata di Materdei, l’Obelisco dell’Immacolata, l’Obelisco di San Domenico, e l’Obelisco di Portosalvo.
La guglia di San Gennaro si trova lungo via dei Tribunali, di fronte al Pio Monte della Misericordia, in una piazzetta che ha come sfondo la cappella del Tesoro di San Gennaro e si apre alle spalle del Duomo, vicino alla cappella del Pio Monte della Misericordia, dove si trova una delle opere di Caravaggio che sono a Napoli.
L’obelisco fu eretto nel 1636 dai committenti della Deputazione del Tesoro in ringraziamento per lo scampato (in parte) pericolo durante l’eruzione del Vesuvio del 1631.
L’eruzione esplosiva e distruttiva avvenne l 16 dicembre 1631. Il Vesuvio dormiva da quasi 300 anni. Dopo numerosi eventi premonitori il fenomeno si manifestò con l’apertura di una bocca laterale sul versante Sud-Est con una iniziale fase di attività stromboliana. Una prima fase espulse ceneri frammiste all’acqua che scesero a valle a grandi velocità, oltre a colonne di vapore. Successivamente ebbe luogo una violenta attività esplosiva con un’alta colonna di ceneri, pomici e gas. Valanghe di fango coprirono la maggior parte dei paesi sulle sue pendici.
Nel corso del secondo giorno dell’eruzione (17 dicembre), l’arcivescovo ordinò una nuova processione di intercessione con l’esposizione delle reliquie di San Gennaro e, secondo molti storici e letterati dell’epoca, l’eruzione cominciò a scemare proprio quando la statua del Santo fu rivolta al vulcano.
Davanti a questa esposizione il vulcano parve acquietarsi. L’eruzione meno violenta durò altri 15 giorni e si concluse il 3 gennaio 1632. A San Gennaro fu attribuito il merito di aver salvato la città dalla furia del vulcano.
Complessivamente le vittime accertate furono 4000 e morirono anche 6000 capi di bestiame, mentre i senzatetto in fuga verso Napoli furono circa 44000.
L’eruzione ebbe una eco vastissima e fu immortalata in numerose opere d’arte dell’epoca.
In ringraziamento per il salvataggio della città, venne presa la decisione di erigere l’obelisco.
Il progetto della guglia fu affidato a Cosimo Fanzago che terminò la costruzione nove anni dopo, anche se l’opera fu definitivamente ultimata solo nel 1660.
La struttura è composta da una sorta di colonna quadrangolare sulla quale sono collocate le grandi volute che terminano in un capitello ionico riccamente decorato. Alla sommità del monumento si innalza la statua in bronzo di San Gennaro, opera di Tommaso Montani; alla base invece la scultura della Sirena Partenope regge uno scudo recante parole di gratitudine della città al santo.

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