Lo sapevate? Un tempo a Napoli era possibile adottare il cranio di un defunto in cambio di protezione

Lo sapevate? Un tempo a Napoli era possibile adottare il cranio di un defunto in cambio di protezione. Napoli città dalle mille contraddizioni e dalle mille particolarità. Non c’è angolo del capoluogo partenopeo che non nasconda una curiosità. Oggi andremo
Lo sapevate? Un tempo a Napoli era possibile adottare il cranio di un defunto in cambio di protezione.
Napoli città dalle mille contraddizioni e dalle mille particolarità. Non c’è angolo del capoluogo partenopeo che non nasconda una curiosità. Oggi andremo a scoprire il culto delle “anime pezzentelle” (celebrato sino a pochi decenni fa in un luogo unico), facendo luce sul legame intimo e distintivo del popolo napoletano con la morte.
A Napoli si trova il Cimitero delle Fontanelle, una cava di tufo contenente uno ossario con circa 40mila cadaveri. Ci troviamo nel coloratissimo rione Sanità, uno dei quartieri più ricchi di storia e tradizione di Napoli. Il cimitero è un sito unico al mondo e merita di essere visitato assolutamente da chi viene a Napoli.
Il colpo d’occhio è incredibile: qui sono conservati i resti di coloro che non potevano permettersi una degna sepoltura e le vittime delle epidemie.
Si tratta di un ex-ossario che si sviluppa per più di 3000 metri quadri.
Il cimitero è noto perché qui si svolgeva il rito delle “anime pezzentelle”, ossia l’adozione e la cura da parte di un napoletano di un determinato cranio di un’anima abbandonata (detta “capuzzella”) in cambio di protezione.
Un tramite tra il mondo dei vivi e dei morti. Questo culto è stato praticato sino agli anni Settanta: i vivi chiamavano i morti per farsi indicare i numeri da giocare al lotto.
I napoletani adottavano un morto e chiedevano intercessione e fortuna. Al cranio veniva attribuito un nome e un ruolo, veniva lucidato e sistemato su fazzoletti ricamati o cuscini con rosari, fiori e lumini.
Se il teschio adottato si comportava bene e garantiva in sogno delle vincite al lotto, riceveva una sepoltura più degna. Diversamente veniva abbandonato e sostituito con un altro.
Il cimitero è stato chiamato in questo modo per la presenza in tempi remoti di fonti d’acqua.
Oggi si possono contare 40.000 resti, ma si dice che sotto l’attuale piano di calpestio vi siano compresse ossa per almeno quattro metri di profondità, ordinatamente disposte, sino a quando veniva ancora utilizzato da becchini specializzati.
Negli anni sessanta il parroco della chiesa delle Fontanelle Don Vincenzo Scancamarra preoccupato per il feticismo del culto delle “anime pezzentelle” chiese consiglio all’arcivescovo di Napoli, il cardinale Corrado Ursi, sul problema. Il 29 luglio 1969 un decreto del Tribunale ecclesiastico per la causa dei santi proibì il culto individuale delle capuzzelle, oggetto di una fede considerata pagana.
Il cimitero è scavato nella roccia tufacea gialla della collina di Materdei. È formato da tre grandi gallerie a sezione trapezoidale, con un’altezza variabile tra i 10 e i 15 m e lunghe un centinaio di metri collegate da corridoi laterali. Queste gallerie, per la loro maestosa grandezza, sono chiamate navate come quelle di una basilica.
Ogni navata ha ai propri lati delle corsie dove sono ammucchiati teschi, tibie e femori e ha un proprio nome: la navata sinistra è detta navata dei preti perché in essa sono depositati i resti provenienti dalle sepolture delle chiese; la navata centrale è detta navata degli appestati perché accoglie le ossa di coloro che perirono a causa delle terribili epidemie che colpirono la città (soprattutto la peste, soprattutto quella del 1656); la navata destra è detta navata dei pezzentielli perché qui furono sistemate le misere ossa della gente povera.

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