Accadde oggi. 2 marzo del 2006: il piccolo Tommaso Onofri viene rapito e ucciso
Il piccolo Tommaso, 18 mesi e una cascata di riccioli biondi a incorniciare un viso d’angelo, è febbricitante ma non di certo preoccupato, ansioso. E perché mai non dovrebbe esserlo?
È il 2 marzo del 2006 quando la famiglia Onofri, riunita nella propria casa a Casalbaroncolo (alle porte di Parma), si gode una normale sera di fine inverno. Il piccolo Tommaso, 18 mesi e una cascata di riccioli biondi a incorniciare un viso d’angelo, è febbricitante ma non di certo preoccupato, ansioso. E perché mai non dovrebbe esserlo? È circondato dall’affetto della sua famiglia e riscaldato dal tepore di casa. All’improvviso, un blackout – ed è il buio, in quella stanza colma d’amore, sì, ma anche nel cuore di qualcuno che ha in mente qualcosa di diabolico –.
Paolo Onofri, capofamiglia, si dirige in cortile, vuole capire cosa sia accaduto. In quel momento, incontra due persone dal volto coperto. È l’inizio della fine. Paolo Onofri, la moglie e il figlio più grande vengono immobilizzati in cucina. I rapitori non vogliono loro, no. Vogliono Tommy, quell’angioletto senza colpa. Lo portano via. Oltre alla gravità del fatto che sia stato preso, c’è la preoccupazione per la sua salute: Tommy, oltre all’avere la febbre, è epilettico, ha bisogno di cure continue.
Viene allertata la polizia, iniziano le indagini. Il fatto è ancora caldo, le piste sono molte, vengono prese in considerazione tutte le possibili spiegazioni per un atto così terribile, così abominevole. Ogni cosa deve essere analizzata, scandagliata. La vita di un bambino di un anno e mezzo è in pericolo. In particolare, una delle piste più gettonate, quella che riporta alla ‘ndrangheta, si rivela presto sbagliata. Paolo Onofri viene interrogato a lungo, si sospetta che possa avere a che fare con la vicenda. Viene poi ritrovato un PC con materiale pedopornografico. Si difende, unghie e denti – sostiene di aver recuperato quel materiale proprio in vista di una denuncia – ma finisce comunque nel registro degli indagati. Entra in campo anche una medium, tale Maria Rita Busi… dice di essere certa della morte del bambino. Fornisce anche un luogo dove cercare il suo corpicino. Tutti accorrono – in quella che è una scena inquietante – nel fiume Magra, ma anche questa pista si rivela falsa.
È di quasi un mese più tardi la prima vera svolta. I rapitori hanno lasciato delle impronte sul nastro adesivo con cui hanno immobilizzato i familiari del piccolo Tommy.
Le indagini si concentrano su Mario Alessi – muratore pregiudicato che, in precedenza, aveva svolto dei lavori per la famiglia Onofri – e il fatto che l’uomo fornisca alibi fasulli fa capire che la vicenda sta per avere uno sviluppo importante. Anche la compagna di Alessi, Antonella Conserva, e Salvatore Raimondi – altro pregiudicato – hanno a che fare con il rapimento, gli inquirenti ne sono certi.
Mario Alessi, interrogato a lungo, alla fine crolla. Il bambino è morto – rivela – pochi minuti dopo il sequestro. Volevano dei soldi dagli Onofri, spiega poi, però qualcosa è andato storto.
Il 2 marzo e i giorni successivi, mentre tutti aspettavano una richiesta di riscatto – dice –, un segnale da eventuali rapitori, un qualche indizio, il suo corpicino giaceva già al gelo, non certo dimenticato ma solo, senza la sua famiglia, freddo e fermo. Mentre le speranze erano ancora vive, lui era già morto.
Le dinamiche dell’omicidio sono agghiaccianti. Alessi ripercorre con minuziosità quei momenti.
Dopo aver preso il piccolo Tommaso, i due salgono sullo scooter. Vogliono scappare. Incontrano dei lampeggianti e, presi dalla paura di poter essere scoperti, cadono.
È qui che il bambino si spaventa e inizia a piangere. È un pianto disperato, il suo. È un pianto che serve a chiedere aiuto. Che serve a invocare un perdono senza che ci sia una colpa. Che serve a muovere gli animi. Ma i due sono spietati, sono mostri travestiti da esseri umani. Decidono che un bambino di un anno e mezzo non può piangere, troppo il fastidio che provoca quel verso del terrore. Allora lo uccidono, probabilmente a colpi di pala. Seppelliscono il suo corpicino sotto 30 centimetri di terra a Sant’Ilario D’Enza – verso Reggio Emilia. È brutale come un assassinio sa essere sempre e ancor di più perché Tommaso ha solo 18 mesi, piange e deve vivere. Invece, quel volto d’angelo entra nelle case degli italiani, destinato a privare del sonno chiunque si trovi dinanzi a questa vicenda triste e senza un perché.
È il 30 ottobre 2006 quando vengono rinviate a giudizio 4 persone: Mario Alessi, Salvatore Raimondi e Antonella Conserva e Pasquale Barbera (capomastro dei lavori in casa Onofri, in seguito accusato di concorso in sequestro). Nel 2010, le sentenze definitive: ergastolo per Alessi, 30 anni ad Antonella Conserva e 20 anni a Raimondi. Assolto Barbera.
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