Accadde Oggi. Cade al fronte l’ultimo italiano della Grande Guerra, il 18enne cagliaritano Alberto Riva

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di Massimiliano Perlato
Nel 1962 la portaerei americana Independence incrociò in mare l’Amerigo Vespucci. Via radio arrivò un messaggio che sarebbe rimasto nella storia: «Siete la nave più bella del mondo». Sessant’anni dopo, nel 2022, un’altra portaerei statunitense incontrò la nave scuola italiana e ripeté lo stesso omaggio.
Dal 2023 al comando del vascello più celebre della Marina Militare c’è un sardo: Giuseppe Lai, 125° comandante dell’Amerigo Vespucci, l’“ambasciata galleggiante” dell’Italia.
Il veliero fu varato nel 1931 al Regio Cantiere Navale di Castellammare di Stabia e, da allora, ha mantenuto intatto il suo fascino. Lungo 101 metri e largo 15,56, ha tre alberi verticali, 24 vele in canapa per un totale di 2.635 metri quadrati, 36 chilometri di cime e un equipaggio di 470 persone. Le sue 4.146 tonnellate di eleganza navigano con la grazia di una ballerina, e il bianco e nero dello scafo rievoca i vascelli d’epoca. Al suo passaggio, anche le navi più imponenti le cedono il passo.
«Per diventare comandante del Vespucci – spiega Lai – il percorso è lo stesso di tutti gli ufficiali di Marina: un concorso e l’ingresso in Accademia Navale». Era il 1994 quando, appena conseguita la maturità scientifica, entrò a Livorno per seguire la sua vocazione. In trent’anni di carriera ha ricoperto incarichi diversi fino al prestigioso comando del veliero più famoso del mondo. «Il mio sogno era girare il mondo da ufficiale di Marina. Lo sto realizzando con un’occasione unica: un veliero iconico, con un equipaggio che condivide con me l’emozione di fare il giro del mondo».
Lai non indica un unico maestro di vita e di mare: «Ho imparato da tutti – ufficiali, sottufficiali e marinai semplici. Anche le esperienze negative ti insegnano molto: capire come non bisogna comportarsi è istruttivo quanto gli esempi positivi».
Nato a Ozieri, Lai porta nel cuore le radici familiari di Lula, dove sono nati i suoi genitori. Da bambino, a San Teodoro, maturò l’amore per il mare: «Vedere le navi sparire oltre l’orizzonte mi affascinava. Ho sempre sognato di scoprire cosa ci fosse al di là». Tra i luoghi più cari cita la spiaggia de La Cinta, simbolo dell’infanzia negli anni Ottanta.
Oggi, a bordo del Vespucci, non manca la presenza sarda: venti marinai e ufficiali provenienti dall’isola, con ruoli che spaziano dai nocchieri al fotografo di bordo, dall’ufficiale di rotta al tecnico informatico. «I legami regionali creano momenti di unione: condividere un bicchiere di mirto rafforza anche lo spirito di equipaggio».
Il Vespucci non è una nave militare offensiva: il suo compito è formare i cadetti, che qui imparano la vita di bordo, la gestione delle persone e i valori della Marina. È anche un simbolo di pace, accoglienza e rappresentanza dell’Italia nel mondo.
Lai sottolinea l’importanza di sensibilizzare i giovani al mare: «L’Italia ha ottomila chilometri di coste, ma spesso non ne percepisce il valore. Scuole e associazioni dovrebbero promuovere la conoscenza dell’ambiente marino. Il giro del mondo del Vespucci ha acceso l’attenzione dei ragazzi: è un’occasione da cogliere».
Sul tema ambientale, il comandante racconta: «Non abbiamo incontrato le cosiddette isole di plastica, ma lunghi tratti di mare incontaminato, dall’Atlantico al Pacifico. Alle Galapagos, alle Hawaii, in Patagonia abbiamo visto delfini, tartarughe, balene e persino pinguini. È prevalso l’aspetto positivo della natura. Questo ci dà speranza: il mare può ancora raccontare la sua forza e la sua bellezza».
Per Giuseppe Lai il comando del Vespucci non è solo un incarico, ma il coronamento di una vita dedicata al mare: «Questa fu la mia prima nave, il mio primo imbarco, la mia prima esperienza all’estero. Qui ho imparato a navigare. Tornarci come comandante è un sogno che si realizza. Dopo un’avventura simile è difficile immaginare qualcosa di più bello».
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