La clamorosa truffa dei falsi bronzetti nuragici di cui fu vittima nell’800 re Carlo Alberto di Savoia

Nonostante siano falsi, questi idoli possiedono un valore notevole, sia per la loro storia che per il loro impatto sull'archeologia sarda.
Nel corso del XIX secolo, la Sardegna fu teatro di uno dei più grandi scandali archeologici: la falsificazione degli idoli sardo-fenici. Questi oggetti, realizzati nell’Ottocento, si distinguevano dalle tradizionali statuette nuragiche in bronzo per il loro aspetto demoniaco e grottesco, rappresentando figure maschili, femminili e talvolta ermafroditi. Autorevoli studiosi dell’epoca, tra cui Alberto Ferrero della Marmora, legittimarono il valore di questi manufatti, incrementando l’interesse e il valore sul mercato.
Alberto Ferrero della Marmora, senatore del Regno di Sardegna e appassionato dell’isola, raccolse i suoi studi nei volumi “Voyage en Sardaigne” e “Itinéraire de l’Ile de Sardaigne”. Nel 1840, pubblicò il catalogo dei 180 bronzetti del Regio Museo di Cagliari, istituto al quale donò la sua collezione di 87 nuovi idoli. La truffa fu orchestrata con grande abilità, coinvolgendo, come vittime, anche figure di alto rango come il re Carlo Alberto di Savoia, che acquistò una settantina di esemplari per una cifra corrispondente a non meno di 85.000 euro odierni, un profitto notevole per i venditori tra cui Gaetano Cara, direttore del Museo di Cagliari e probabile mente della truffa.
La verità sui falsi idoli venne alla luce nel 1876 grazie al canonico Giovanni Spano, Commissario governativo per le antichità e i Musei della Sardegna, che ne denunciò la falsità. Ettore Pais, suo successore, nel 1883 relegò le “turpi statuette” nei magazzini del museo con la dicitura “Cassa di legno contenente numero duecentosessantaquattro turpi statuette di ottone di bassa lega rappresentanti divinità mostruose. Essi idoletti sono falsi”.
Il ruolo di Gaetano Cara fu cruciale in questa vicenda. Oltre a essere direttore del Museo Regio di Cagliari, condusse importanti campagne di scavo finanziate dal re Carlo Alberto. Scoprì migliaia di reperti, che vendette a prestigiosi musei come il British Museum e il Louvre, lucrando notevolmente. Cara reagì alle accuse pubblicando articoli in sua difesa, sostenendo la genuinità dei manufatti.
La scoperta dei falsi bronzetti ha avuto implicazioni significative per l’archeologia sarda. Giovanni Lilliu, il più grande archeologo sardo, iniziò nel 1974 una riscoperta degli idoli con la pubblicazione del saggio “Un giallo del secolo XIX in Sardegna. Gli idoli sardi-fenici”. Il suo studio, proseguito fino al 1998, mirava non solo a ricostruire la vicenda ma anche a utilizzare i falsi come strumento per comprendere meglio gli originali.
Nonostante siano falsi, questi idoli possiedono un valore notevole, sia per la loro storia che per il loro impatto sull’archeologia sarda. Nel 2009, il Museo Archeologico di Cagliari organizzò una mostra dedicata a questi bronzetti, evidenziando come la ricchezza sproporzionata degli accessori e l’aspetto delle superfici ne rivelino la non autenticità. Tuttavia, rimangono testimonianze di una delle più ingegnose truffe archeologiche della storia.

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