Correva l’anno 1993 quando il giovane Manlio decise di prendere le redini della storica latteria di famiglia. Da oltre trent’anni, la piccola bottega situata alle porte del centro di Cagliari, deliziava i clienti con prodotti alimentari di prima scelta, ma Manlio decise di offrire qualcosa in più. Oggi, quella stessa bottega è il punto di ritrovo per chi ama i panini fatti come una volta, con semplicità e tanto amore, quelli che a Manlio piace chiamare “panini sinceri”: nasce così La Bottega del Panino.  

Gli anni passano, ma basta varcare l’ingresso per capire che lo spirito ospitale e gentile di un tempo è ancora custodito all’interno della bottega. Dietro ad un bancone colmo di salumi, formaggi, verdure e condimenti vari, la squadra de La Bottega del Panino accoglie i clienti con un sorriso, dalle prime luci della mattina fino al tramonto.

C’è chi si ferma al volo per prendere il pranzo da portare a lavoro, chi di passaggio verso altre destinazioni ne approfitta per mangiare un boccone e chi, invece, ogni giorno, da anni, passa a ritirare il suo panino preferito. Ma c’è una cosa che accomuna tutti questi ospiti: chiunque di loro entri nella bottega, verrà accolto da Manlio e dal suo team come se fosse un vecchio amico. 

Nel cuore di questa storia si intrecciano le vite dei clienti affezionati. Alcuni di loro frequentano La Bottega del Panino fin dall’infanzia, quando erano piccoli e venivano portati dai loro genitori. Ora, adulti, tornano alla bottega con i propri figli per gustare i panini che hanno segnato la loro gioventù: trasformando La Bottega del Panino in una vera e propria tradizione di famiglia. È un cerchio che si chiude, una testimonianza del forte legame che questo piccolo angolo di Cagliari ha con le persone. 

E poi ci sono loro, i “panini sinceri”: i protagonisti del menù della bottega. Qui non esiste una regola, ognuno è libero di comporre il suo panino con gli ingredienti che più gli piacciono. E da Manlio la scelta non ha limiti. Dalle molteplici varietà di pane, alle diverse tipologie di salumi e formaggi selezionati, e poi verdura, condimenti sott’olio e salse di ogni tipo! Ma tutti i panini sono accomunati da importanti ingredienti segreti: amore, semplicità e desiderio di condividere. 

E quando l’indecisione prende il sopravvento, possiamo sicuramente fare affidamento sul team della bottega. Il suggerimento di Manlio? Ovviamente un tonno, pomodoro, uovo e maionese, rigorosamente Calvè in tubetto per preservare il gusto autentico ad ogni morso. 

Prosciutto crudo, mozzarella e lattuga oppure salame olive e gorgonzola, oppure ancora mortadella, melanzane, dolcesardo e maionese? Già, le specialità de La Bottega del Panino ci parlano di semplicità e grandi classici che non tramontano mai. Sapori che ci ricordano la nostra infanzia e che tengono alta la tradizione del tradizionale “panino all’italiana”.

Durante il corso della giornata, decine e decine di clienti si susseguono al banco per ordinare il loro panino e, quando arriva l’ora del pranzo, anche l’accogliente sala interna si riempie di commensali. Tra una preparazione e l’altra, non manca l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con Manlio e tutti i ragazzi de La Bottega del Panino, l’anima pulsante di questo luogo. Sono più di semplici colleghi: sono una grande famiglia che condivide non solo le sfide quotidiane, ma anche e soprattutto i successi e le gioie che vengono dal soddisfare gli ospiti con sapori genuini e autentici.

Cagliari e i suoi abitanti hanno imparato a conoscere La Bottega del Panino e amarla nel corso degli anni, perché questa storica bottega non è solo un punto di riferimento per i buongustai, ma anche e soprattutto un luogo di condivisione e socializzazione, in cui gustare un buon panino e sentirsi come a casa. 

La polemica è esplosa rapidamente sui social dopo la pubblicazione, da parte del conduttore televisivo Federico Quaranta, di alcune immagini che lo ritraevano mentre si arrampicava su un nuraghe durante una visita in Sardegna. Un gesto che ha suscitato indignazione e dure critiche, perché compiuto su uno dei simboli più antichi e preziosi dell’isola, patrimonio archeologico millenario e identitario. Le spiegazioni iniziali non hanno placato le reazioni, alimentando un dibattito acceso sul rispetto e sulla tutela dei beni culturali sardi.

A distanza di un giorno, Quaranta è intervenuto nuovamente, scegliendo il tono della responsabilità e delle scuse. Lo ha fatto con una lunga lettera aperta pubblicata sui suoi canali social, in cui riconosce l’errore e chiede perdono ai sardi, invitando anche a non emulare il suo comportamento e ad allargare lo sguardo sul tema più ampio della tutela dei nuraghi. Di seguito il testo integrale del suo messaggio:

“Lettera aperta
Ho commesso un errore.
Ho agito d’impulso, senza riflettere fino in fondo sulle conseguenze del mio gesto.
Mi sono arrampicato su un nuraghe sardo.
Non l’ho danneggiato, non l’ho vandalizzato, non l’ho profanato.
Ma sono stato imprudente e irrispettoso. E questo basta a rendere il gesto sbagliato.

A chi ama la Sardegna — e io la amo profondamente — chiedo scusa.
Chiedo scusa a chi ha compreso e mi ha perdonato, e anche a chi si è sentito ferito, tradito, arrabbiato.

Non intendo discutere, giustificarmi o minimizzare: ho capito l’errore e sono disposto a pagarne le conseguenze.
Non chiedo indulgenza.
Chiedo solo che il mio gesto non venga emulato.
Anzi: che il mio pessimo esempio serva da monito, perché nessuno ripeta un’azione stupida e superficiale come la mia.

Se possibile, vorrei che questa lettera diventasse anche un’occasione per allargare lo sguardo.
Per indignarsi — giustamente — non solo per un gesto isolato, ma anche per chi i nuraghi li depreda ogni giorno, portandosi via le pietre per farne camini o ornamenti da giardino.
Per chi li abbandona all’incuria, soffocati dalla vegetazione e dal tempo.
Per chi li usa come stalle, depositi, discariche.
Per chi li imbratta.
Per chi li dimentica (molti di più di quelli tutelati), li seppellisce, li rende irraggiungibili invece di proteggerli e raccontarli.

C’è chi mi ha detto che non sono più il benvenuto in Sardegna.
C’è chi mi ha augurato il carcere o peggio.

Capisco la rabbia: nasce dall’amore per una terra che non è solo paesaggio, ma identità, memoria, radice.

Io continuerò ad amare questa isola.
A farlo con rispetto, con trasporto, con responsabilità.
E continuerò a raccontarla nel modo migliore che so fare, perché — nonostante l’errore che ho commesso e l’odio che ho ricevuto — la Sardegna lo merita. Sempre.

Con rispetto.
Federico”.

Le scuse segnano ora un passaggio diverso nella vicenda: dalla polemica al riconoscimento dell’errore, con l’auspicio che l’episodio possa trasformarsi in un’occasione di maggiore consapevolezza sul valore e sulla fragilità del patrimonio archeologico sardo.