In Sardegna ci sono due necropoli vicinissime che sfoggiano bellissime decorazioni
La decorazione più bella è quella che rappresenta un elemento verticale stilizzato a forma di volto con occhi e naso, che potrebbe rappresentare una divinità, forse la Dea Madre
A Pimentel, nella Trexenta, troviamo due necropoli risalenti al Neolitico finale (IV e III millennio a.C.), molto vicine tra loro ma con differenze significative in termini di sviluppo architettonico e decorazioni. Si tratta delle necropoli di Corongiu e S’Acqua Salida (nota anche come Pranu Efis), scavate in una grande massa di arenaria.
La necropoli di Corongiu accoglie due domus de Janas, disposte a poche decine di metri l’una dall’altra, ma solo quella ad est è caratterizzata da eleganti decorazioni incise e dipinte in rosso sulla parete dell’ingresso. Al centro del fregio superiore è presente un elemento verticale stilizzato a forma di volto con occhi e naso, che potrebbe rappresentare una divinità, forse la Dea Madre. Accanto ai lati del portello, puoi apprezzare spirali, doppi cerchi e figure a barca.
La necropoli di S’Acqua Salida, invece, è divisa in due nuclei distinti l’uno dall’altro di circa 150 metri. Il primo nucleo ospita quattro tombe di varie tipologie, tra cui pozzetti e sviluppo orizzontale. Vicino a queste tombe trovi un’area sacra con un focolare e delle coppelle, che probabilmente erano usate per i riti funebri. Nelle tombe del secondo nucleo, invece, troverai elementi decorativi come nicchie, banconi e pilastri, in particolare nella tomba VI. Infine, ricordiamo che le necropoli sono state scolpite con maestria in un grande banco di arenaria.
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La prima donna arbitro d’Italia fu una ragazza cagliaritana. Ecco la sua storia
Per "mettere la gonnella" a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.
Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.
Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.
Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.
Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.
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