Un abbraccio atteso 12 anni. Bonaria e Roberto si ritrovano dopo il terribile incidente di Sestu
Nel 2010 quel terribile incidente di Sestu, quando la ringhiera del balcone di un'abitazione cedette e Bonaria Piras precipitò da quattro metri, rimanendo infilzata su un'inferriata sottostante. Dopo una lotta contro la morte, oggi Bonaria ha coronato un sogno: ritrovare e riabbracciare Roberto Puddu, il caposquadra dei Vigili del Fuoco, che in quella mattina di febbraio le salvarono la vita
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Un lungo abbraccio e calde lacrime. Quelle vere, di gioia. Quelle di chi ha lottato contro la morte e ha vinto, per se stessa e ciò che aveva di più caro: la famiglia.
Oggi, a oltre dieci anni di distanza e dopo aver superato quel terribile incidente, la 53enne Maria Bonaria Piras è riuscita a coronare un sogno. Quello di rincontrare Roberto Puddu, caposquadra dei Vigili del Fuoco, che a Sestu in quella mattina del febbraio 2010, insieme agli uomini del suo reparto, è stato il salvatore di Bonaria. Un angelo custode in divisa che, insieme al suo gruppo e a tutta l’equipe medica, è stato sempre accanto a una giovane mamma. Roberto e Bonaria si sono ritrovati, ricordando, sì, quei terribili giorni, ma vivendo finalmente insieme lunghi momenti di felicità.
Era la mattina del 20 febbraio 2010, quando quella ringhiera del balcone di un’abitazione, nella via Giulio Cesare di Sestu, cedette. Per la 41enne Maria Bonaria Piras fu un volo di quattro metri e una caduta di schiena su un’inferriata sottostante, rimanendo così infilzata dalle punte di ferro. Erano le 11.40 e ancora oggi Bonaria ricorda tutto. Dallo stato di incoscienza, di chi inizialmente non si rende conto di quanto successo, al terrore puro, affrontato però sempre con la forza che solo una mamma sa tirare fuori.
Da lì il susseguirsi delle operazioni di soccorso. Immediato l’arrivo della squadra dei Vigili del Fuoco, al comando di Roberto Puddu, oggi fresco di pensione, ma che ha ancora vive nella sua mente le immagini raccapriccianti: “Durante i miei anni di servizio ho visto tanti incidenti. Ma questo è stato forse tra i più terribili”, commenta. Provvidenziale il lungo lavoro del gruppo di Vigili del Fuoco, che per liberare Bonaria tagliarono l’inferriata infilzata sulla schiena in più punti. “Abbiamo usato la strumentazione a nostra disposizione, prestando la massima attenzione, tant’è che il lavoro è stato abbastanza lungo”. Dalla giovane mamma mai un lamento. Una preghiera a Sant’Ignazio, sì, ma soprattutto il pensiero fisso al marito e alle sue bambine che, no, non poteva lasciare.
Una corsa d’urgenza verso l’ospedale Brotzu di Cagliari. Roberto sempre accanto, a tenerle la mano e a darle la forza di resistere. Una volta arrivati, per i Vigili del Fuoco si rese ancora necessario intervenire per rimuovere le punte dell’inferriata che impedivano l’ingresso del corpo nel tubo della tac. La vita di Bonaria era prima nelle loro mani e poi in quella dei medici chirurghi, superbi nel loro lavoro e dolcissimi nei confronti di chi, a poco a poco, sarebbe diventata la loro “bambina”.
Numerosissime le fratture e le lesioni agli organi interni. Per Bonaria quattordici giorni di terapia intensiva e lunghissime settimane allettata, anche dopo il ricovero ordinario. Un travaglio che sarebbe durato sino all’estate 2010, senza dimenticare tutto il percorso riabilitativo. Ma in Bonaria, superato il pericolo, cresceva sempre più il desiderio di rivedere Roberto e i suoi soccorritori. “Un’occasione c’è stata, sempre in quell’estate e per una pura casualità”, ricorda Bonaria. “Dopo che avevo conosciuto la suocera di Roberto, si era presentata la possibilità di un incontro. Ma poi, in seguito a un mio problema di salute, sono stata nuovamente allettata. E non ero nelle condizioni ottimali per incontrarlo”.
Oggi, finalmente, a dodici anni di distanza, questo incontro c’è stato. Lacrime agli occhi e lunghissimi abbracci. E ancora la mano di Roberto a tenere stretta quella di Bonaria. Esattamente come in quel terribile febbraio 2010. Poi, un piccolo omaggio per l’ex vigile del fuoco e una grande richiesta da Bonaria: “Mi piacerebbe rivedere tutti gli uomini del reparto che mi ha prestato soccorso. E abbracciarli tutti, a uno a uno”.
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Villanova perde uno dei suoi cuori verdi: addio a Marcella Gilio, pioniera di Balconi Fioriti

Si spegne un balcone, ma resta la memoria: Villanova dice addio a Marcella Gilio.
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È un giorno triste per Villanova. La comunità saluta con profonda commozione la Signora Marcella Gilio, presenza costante, discreta e instancabile, che per decenni ha contribuito a dare colore, bellezza e vita al quartiere. La sua scomparsa improvvisa lascia un vuoto difficile da colmare, non solo affettivo ma anche umano e sociale.
Tra le prime artefici dell’abbellimento floreale di Villanova, Marcella Gilio ha vissuto tutta la sua vita nello stesso angolo di via Piccioni, diventato negli anni uno dei punti più fotografati della città. Un piccolo tratto di strada che, grazie alla sua cura e dedizione, è finito sulle riviste di settore e negli scatti di migliaia di turisti, diventando simbolo dell’identità e della bellezza del quartiere nel mondo.
Vincitrice di numerose edizioni del concorso “Balconi fioriti a Villanova”, dagli inizi degli anni Novanta fino ai giorni nostri, era conosciuta e stimata non solo dai residenti ma anche da chi, passando, si fermava ad ammirare i suoi fiori e a scambiare con lei qualche parola. Con la sua gentilezza e la sua passione, Marcella non si limitava a curare piante e balconi: coltivava relazioni, dialoghi, senso di appartenenza.
La sua scomparsa segue di poco quella dell’indimenticabile Signora Assunta Pisu, segnando un momento particolarmente doloroso per Villanova, che vede venir meno due figure simboliche della propria storia recente. Con loro se ne va un pezzo di memoria collettiva e di quotidianità condivisa. E quel tratto di via Piccioni, oggi, non sarà più lo stesso.
Gli abitanti del quartiere e l’intera comunità si stringono con affetto attorno alla famiglia, condividendo il dolore per una perdita così grande. Buon viaggio, Signora Gilio. Grazie per il suo impegno, per i colori donati a Villanova e per le lunghe chiacchierate che resteranno nel cuore di chi ha avuto il privilegio di conoscerla.
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