Il sito archeologico di Nora diventa un videogioco: nasce “Play Nora”
I giocatori saranno letteralmente catapultati, attraverso la realtà virtuale, nella Nora del passato
È nato Play Nora, il videogioco ambientato nel sito archeologico di Pula. A renderlo noto è la sindaca del comune costiero Carla Medau sulla sua pagina Facebook. Il videogioco sarà online da dicembre.
«Dopo i visori 3D e l’App multimediale, Nora si fa sempre più tecnologica diventando set di un videogioco sviluppato da Sjm Tech e Inventiva, grazie al finanziamento Regionale “Culture Lab” vinto dalla Cooperativa Memoria Storica – spiega Carla Medau -. Sarà un’occasione per far conoscere ulteriormente il sito a livello mondiale incuriosendo sempre più persone. I giocatori saranno infatti catapultati, attraverso la realtà virtuale, nella Nora del passato».
«Ringrazio l’Assessore Zucca che si dimostra sempre attento alla valorizzazione del nostro immenso patrimonio archeologico e la Presidente Susanna Naitza di Memoria Storica per il costante impegno per l’innovazione multimediale di Nora» conclude la prima cittadina.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
“Marrano”: ecco da dove deriva la sfida dalla quale nessun sardo può tirarsi indietro
«Marrano a farlo», «marrano a dirlo». Da sempre i bambini sardi non possono sottrarsi a un invito di questo tipo. Se non lo fai, sei un vile insomma, un "marrano". Chi di voi non ha rischiato di affrontare i rimproveri degli adulti pur di non essere definito così? L'espressione è entrata nel lessico sardo-cagliaritano da tempo, ma chi era veramente il "marrano"?
«Marrano a farlo», «marrano a dirlo». Da sempre i bambini sardi non possono sottrarsi a un invito di questo tipo. Se non lo fai, sei un vile insomma, un “marrano”. Non importa quanto sia difficile la prova di coraggio alla quale si è chiamati, l’importante è non essere un marrano. Chi di voi non ha rischiato di affrontare i rimproveri degli adulti pur di non essere definito così? L’espressione è entrata nel lessico sardo-cagliaritano da tempo, ma chi era veramente il “marrano”?
Chiariamo innanzitutto una cosa: non si tratta di un termine sardo, ma di un’offesa che affonda le sue radici nel Medio Evo. Questa ingiuria veniva utilizzata già nella Spagna del XIV secolo, dove venivano apostrofati con il termine marranos gli ebrei convertiti forzatamente al cristianesimo, ma che continuavano a professare, di nascosto, riti e funzioni del giudaismo. Nato con un’accezione antisemita dunque, il vocabolo che oggi utilizziamo correntemente per accusare di vigliaccheria chi non accetta la sfida lanciatagli significa letteralmente “giovane porco”, “suino”, “maiale”,e probabilmente nasce dall’ispanizzazione del termine arabo mahram (cosa proibita).
All’epoca della dominazione spagnola in Sardegna, l’Isola ospitava una nutrita presenza di ebrei sefarditi, di cui a Cagliari rimane traccia al ghetto degli Ebrei in Castello. L’uso del termine dispregiativo “marrano”, il cui uso era proibito già dal 1380 da un decreto del Re di Catalogna, si diffuse comunque durante le persecuzioni contro gli ebrei nella Spagna di fine ‘400. Con gli anni, la parola “marrano” ha perso la sua connotazione antisemita, abbandonando pian piano l’utilizzo di indicare gli ebrei sefarditi che di nascosto (secondo i canoni dell’epoca, con viltà) professavano la propria fede, per abbracciare, soprattutto in Sardegna, il significato di sfida che oggi conosciamo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA