Un Comune al giorno, paesi di Sardegna: Santadi, il cuore autentico del Sulcis tra grotte, foreste, sapori antichi e riti senza tempo.
Un paese che racconta la Sardegna più vera, un borgo immerso nel verde e nelle tradizioni, a soli 60 chilometri da Cagliari, nel profondo sud-ovest dell’isola: Santadi, centro del basso Sulcis, si estende in una pianura fertile, divisa in due parti dal rio Mannu e abitata da circa 3.500 persone.

I monti di Santadi
La sua anima si riflette nei profumi del vino carignano, celebre in tutto il mondo per la qualità, e nelle fragranze dei pani cotti nel forno a legna, come il civraxiu, su coccoi e quello con ricotta e gerda, mentre i dolci — amaretti, gueffus, pardulas — seguono il ritmo delle festività. L’olio e il miele locali completano un patrimonio enogastronomico unico. Ma Santadi è anche storia, cultura e natura: la parte alta del paese si sviluppa intorno alla chiesa di San Nicolò, costruita nel Quattrocento e ricostruita nell’Ottocento, mentre nel centro storico puoi scoprire la vita quotidiana di un tempo nella casa-museo Sa Domu Antiga, o visitare il museo del Libro e quello delle Bambole.

La chiesa di San Nicolò
Ogni anno, ad agosto, prende vita uno degli eventi più suggestivi della Sardegna: il Matrimonio Mauritano, una rievocazione solenne e coinvolgente di nozze contadine, in cui sposi in abiti tradizionali vengono accompagnati da carri trainati da buoi e da un corteo nuziale composto da gruppi folk provenienti da tutta l’Isola, fino al momento conclusivo dei riti beneauguranti. Il territorio attorno a Santadi è un vero scrigno naturale: il parco di Gutturu Mannu, uno dei polmoni verdi più estesi d’Italia con i suoi 35.000 ettari, custodisce foreste di lecci, sughere, tassi, agrifogli e macchia mediterranea, un paradiso per il trekking. Nella frazione di Pantaleo, antico borgo minerario, la foresta ospita cervi sardi e daini, protetti in un habitat incontaminato. Ma la meraviglia continua nel sottosuolo: le grotte Is Zuddas, scavate dall’acqua in 600 milioni di anni nel monte Meana, si sviluppano per 1650 metri, di cui oltre 500 visitabili. Le sale, ognuna diversa per forma e grandezza, sono un tripudio di stalattiti, stalagmiti, colate, aragoniti. Accanto a esse ci sono le grotte del Campanaccio, della Capra e quella di su Benatzu, detta anche grotta Pirosu, dove è stato scoperto un antico tempio nuragico: sulla parete, una stalagmite funge da altare, ai suoi piedi un pozzetto d’acqua ha restituito oltre duemila reperti in bronzo — armi, gioielli, utensili, ex voto — oggi esposti nel museo archeologico del paese. Qui puoi anche ammirare i ritrovamenti dell’area archeologica di Pani Loriga, il sito più importante di Santadi, frequentato ininterrottamente dal IV millennio a.C. fino all’VIII secolo d.C.: un grande insediamento fenicio-punico sorto su un complesso nuragico e su domus de Janas, con necropoli e tracce di epoca romana e bizantina. Le testimonianze nuragiche non finiscono qui: nei boschi spicca la tomba di Giganti di Barrancu Mannu, costruita nel 1300 a.C. con grandi blocchi di granito giallo-rosa, simbolo di una civiltà ancora oggi avvolta nel mistero. Santadi è tutto questo: natura primordiale, cultura millenaria, gastronomia eccellente e tradizioni che si rinnovano, un viaggio nel cuore più autentico della Sardegna.

Le grotte di Is Zuddas
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