Le lega una pietra al collo e la butta in mare: “Non voleva farsi il bagno”

Una storia di terribile crudeltà che arriva dalla Sicilia. Mia pare non volesse farsi il bagno: il "padrone" allora decide di legarle al collo una grossa pietra e di buttarla in acqua lo stesso
Il suo cane non voleva far il bagno, così lui gli ha legato una pietra al collo e lo ha gettato in acqua. È accaduto a Valderice, nel Trapanese. Mia, così si chiama la cagna (munita di microchip grazie a cui si è risaliti al proprietario), è però riuscita a liberarsi dal collare al quale era legata la pietra, e a tornare in riva. I bagnanti, che nel mentre si erano accorti della situazione e avevano chiamato la polizia, hanno prontamente soccorso l’animale. Il cane ora sta bene, il suo proprietario è stato individuato e denunciato. È ora accusato di maltrattamento di animali.
Il gesto ha infiammato le polemiche e suscitato l’ira degli animalisti. L’associazione Nucleo Operativo Italiano Tutela Animali ha raccontato la vicenda su Facebook: “Il Presidente del NOITA Enrico Rizzi ha appena incontrato il sindaco di Valderice, Francesco Stabile ove si è verificato il gesto criminale di un balordo senza scrupoli. Il sindaco ha accolto il suo invito di seguire, congiuntamente alla mia associazione, tutto l’iter giudiziario, annunciando la costituzione di parte civile contro il balordo. Rizzi ha garantito al sindaco che seguirà personalmente la povera Mia, affinché appena uscita dall’ambulatorio ove è attualmente ricoverata, possa trovare una famiglia pronta ad accoglierla, in attesa della “confisca” definitiva disposta dalla Magistratura”.

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I ricami in bisso marino di Chiara Vigo: la seta del mare che racconta la Sardegna

Chiara Vigo non crea oggetti. Intesse storie, memoria e spirito. E quel filo dorato che esce dalle sue mani è più di una fibra: è un legame vivo con il mare, con la terra sarda, con la bellezza che resiste al tempo
Nel cuore del Mediterraneo, tra le acque limpide della Sardegna meridionale, si cela un segreto antico, custodito da una creatura marina maestosa: la Pinna nobilis, conosciuta anche come nacchera di mare. Questo gigantesco bivalve, che un tempo poteva superare il metro di lunghezza, è oggi una specie severamente protetta, a rischio di estinzione per colpa dell’inquinamento, del riscaldamento globale e dell’attività umana. Un tempo veniva pescato anche per scopi alimentari; oggi la sua raccolta è vietata e punita severamente.
Ma la Pinna nobilis è anche la fonte di una fibra straordinaria e quasi dimenticata: il bisso marino, noto come “seta del mare”. Una seta naturale, sottilissima e resistente, capace di brillare come oro sotto la luce del sole. Ed è proprio in Sardegna, nell’isola di Sant’Antioco, che sopravvive uno degli ultimi baluardi di questa antichissima arte: Chiara Vigo.
Maestra di tessitura e depositaria di una tradizione millenaria, Chiara Vigo non è solo un’artigiana: è una testimone vivente di un sapere ancestrale, che unisce spiritualità, dedizione e profondo rispetto per la natura. Nel suo laboratorio, un vero e proprio museo vivente, accoglie chiunque voglia conoscere quest’arte unica, condividendo conoscenze e valori tramandati oralmente da generazioni.
Chiara non vende il bisso. Per lei non è merce, ma dono sacro del mare, da trattare con umiltà e gratitudine. Il suo insegnamento parte da un giuramento, ereditato dalla nonna Leonilde: non commercializzare mai ciò che si riceve dalla natura e trasmettere il sapere solo a chi è disposto a sacrificarsi per imparare.
Il procedimento per ottenere la seta del mare è lento e complesso, scandito da gesti antichi e rituali. Ogni Pinna nobilis può produrre circa 40 centimetri di filamento, ma Chiara ne seleziona solo pochi centimetri, i più puri. Dopo la raccolta, il bioccolo viene immerso in acqua dolce per quasi un mese, con continui cambi d’acqua ogni tre ore. Poi si passa alla sbiancatura con succo di limone e all’ammollo in una miscela segreta di quindici alghe diverse, che rendono il filo flessibile ed elastico.
Infine, il bisso viene filato a mano, utilizzando un fuso di ginepro. La torsione del filo cambia a seconda dell’uso: a “S” per il ricamo, a “Z” per l’intreccio nel lino, secondo un’antichissima tecnica fatta con le unghie. Il risultato è un filo più sottile di un capello, ma incredibilmente resistente. Il bisso non marcisce, non viene attaccato dagli insetti, è impermeabile e ha proprietà isolanti. Nessun’altra fibra naturale al mondo possiede le sue stesse caratteristiche.
Su un telaio manuale, Chiara tesse opere dense di simbolismo: alberi della vita, pavoni, lune, leoni guardiani, navicelle nuragiche. Ogni figura è un messaggio, una preghiera, un frammento di identità sarda e mediterranea. Oggi, oltre settanta dei suoi lavori si trovano tra il laboratorio di Sant’Antioco e prestigiosi musei internazionali come il Museum der Kulturen di Basilea o il Museo Nazionale delle Arti di Roma.
Conosciuta affettuosamente come “Zia Chiara”, accoglie ogni visitatore con il dono di un filo di bisso, che splende come una piccola fiamma. Non si paga nulla per assistere al suo lavoro: ciò che lei offre è una lezione di vita, un invito alla consapevolezza e al rispetto. Dal 2005, migliaia di persone da ogni parte del mondo arrivano a Sant’Antioco per vederla tessere, ascoltare le sue parole, sentire il silenzio che accompagna ogni gesto.

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