Maurizio, da 35 anni con la distrofia: la bellissima lettera della moglie Eliana, “il suo sogno più grande è vedere di nuovo il Cagliari”

La storia di Maurizio e della moglie Eliana è un esempio di resilienza, ma anche un monito sull’importanza di non arrendersi, nonostante le avversità.
Maurizio Corona è un uomo che ha vissuto la vita con passione e determinazione, nonostante una diagnosi che avrebbe potuto spezzare chiunque. Sposato da 36 anni con Eliana Sanna, appena sei mesi dopo il matrimonio arriva il verdetto: una grave forma di distrofia muscolare. Una condanna che, giorno dopo giorno, lo ha privato della mobilità e della sua autonomia, ma mai del suo amore per il Cagliari, la squadra che ha sempre tifato con orgoglio.
“Da ragazzino aveva solo due cose in testa: giocare a pallone e il Cagliari,” racconta la moglie che ci ha scritto una toccante lettera. La sua passione per il calcio e per i colori rossoblù è nata presto, ma nel 1983, a soli 17 anni, qualcosa cambia. Durante una partita di calcio, si accorge che la sua gamba sinistra è molto più sottile dell’altra. Preoccupato, si rivolge al medico sociale del Cagliari, che lo visita proprio nell’infermeria dello stadio Sant’Elia. La diagnosi iniziale ipotizza una grave lesione muscolare. Maurizio smette di giocare, ma non di amare il Cagliari.
Seguiva ogni allenamento, ogni partita, anche nei momenti più difficili per la squadra, come la retrocessione in Serie C1. “Mi raccontava dei campi in terra battuta, dei derby con la Torres, del rischio fallimento e della risalita in Serie A con Ranieri,” ricorda Eliana.
Nel 1988, Maurizio si sposa e poco dopo arriva la diagnosi definitiva: distrofia muscolare. Nonostante il duro colpo, la coppia decide di affrontare la vita con positività. “Il suo amore per il Cagliari non è mai venuto meno. Mi trascinava allo stadio e ricordo ancora la gioia incontenibile durante le partite di Coppa UEFA.” Con la nascita dei figli Danilo e Alessandro, la passione di Maurizio si trasforma in un’eredità. “Organizzava partitelle in casa, costruiva palloni con calzettoni arrotolati e giocava con loro, anche quando le gambe non lo reggevano più.”
La svolta arriva con Alessandro. A 10 anni, un allenatore lo nota mentre gioca per strada e lo invita a iscriversi a una scuola calcio. Da lì, il sogno di Maurizio prende vita: Alessandro viene selezionato dal Cagliari dopo un provino. “Era al settimo cielo. Per lui era come far parte della squadra, anche se indirettamente.” Per accompagnare Alessandro agli allenamenti, Maurizio compra un’Ape50 blu, simbolo della sua determinazione. “Anche se Alessandro si vergognava un po’, mio marito parcheggiava lontano dall’ingresso per non metterlo a disagio.” Quegli anni furono pieni di soddisfazioni, con Maurizio che seguiva ogni partita e conosceva allenatori e giocatori.
Ma come spesso accade, le cose belle non durano. Dopo tre anni, Alessandro non viene confermato. Per Maurizio è un duro colpo. “Diceva che senza l’Ape50 non aveva più motivo di esistere.” Con il tempo, la malattia peggiora. Maurizio smette di camminare e la sedia a rotelle diventa la sua compagna di vita. Andare allo stadio diventa impossibile e, con la perdita dell’indipendenza, subentra l’apatia. “Ha smesso di fare visite e terapie, sentendosi sempre più perso.” L’anno scorso ha fatto un passo difficile ma necessario: chiedere aiuto. “Non volevo mai farlo, era una questione di dignità. Ora sono costretto, se voglio continuare a vivere senza essere escluso da tutto,” ha detto.
La sua determinazione a non arrendersi è ammirevole, ma le difficoltà economiche gli impediscono di acquistare un mezzo di trasporto adeguato per disabili, che gli permetta di uscire di casa e riappropriarsi di una vita attiva. Così, superando l’orgoglio, ha avviato una raccolta fondi su GoFundMe per acquistare un’auto usata con pedana per carrozzine.
Nonostante il traguardo sia ancora lontano, Maurizio non perde la speranza. La sua motivazione più grande è tornare a tifare il Cagliari dal vivo, magari incontrare il capitano Alessandro Deiola, che ammira profondamente e in cui rivede suo figlio. “Il Cagliari è l’unica cosa che mi spinge a reagire,” dice con emozione. Con l’aiuto di persone generose, Maurizio spera di realizzare il suo desiderio: riappropriarsi della libertà, tornare a occuparsi della sua salute e vivere momenti di gioia e passione per la sua squadra del cuore. La sua forza e il suo amore per il Cagliari sono un esempio commovente di resilienza.

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