Lo sapevate? Che cosa significa in sardo “banduleri”?
Quante volte da ragazzini vi avranno dato del "banduleri"; sapete che cosa significa?
Lo sapevate? Che cosa significa in sardo “banduleri”?
Quante volte da ragazzini vi avranno dato del “banduleri”; sapete che cosa significa?
Quante volte, da piccoli scavezzacolli, vi sarà capitato di sentirlo: “Banduleri!”. Era il rimprovero lanciato da nonni con mani sui fianchi o genitori esasperati che cercavano di arginare la vostra energia dirompente. Eppure, dietro quel termine che risuonava come una mezza accusa e una mezza battuta, si nasconde un mondo di significati, storia e un pizzico di pepe culturale. Ma cosa vuol dire davvero “banduleri”?
Beh, vi stupirà sapere che non è solo un modo creativo per dire “monello” o “rompiscatole”. “Banduleri” in sardo affonda le sue radici nello spagnolo bandolero, che a sua volta porta con sé immagini di briganti, banditi e… sì, personaggi decisamente poco raccomandabili. Se vi chiamavano così, forse qualcuno sospettava che il vostro girovagare spensierato avesse il potenziale di sfociare in qualcosa di più sovversivo – almeno nelle loro fantasie apocalittiche.
Il fascino del bandito
Perché, diciamolo, il termine ha un’aura di avventura e di pericolo che affascina. Pensateci: un bandolero nella Spagna del Seicento non era solo un delinquente. Era un personaggio epico, a metà tra Robin Hood e un fuorilegge romantico. In Sardegna, però, la storia del banduleri non è altrettanto idealizzata. Qui il banduleri è il malandrino, il brigante, ma pure il grassatore – insomma, uno che la sua reputazione di cattivo se l’è guadagnata, eccome.
E non dimentichiamo la sua controparte femminile, la femina bandulera. Perché, sì, c’è anche una declinazione al femminile, e il termine non perde un briciolo della sua intensità. Se “banduleri” è un mascalzone vagabondo e poco affidabile, una “femina bandulera” è una donna arpia, un diavoletto in gonnella, l’incarnazione della ribellione fatta persona. Insomma, una figura che non passava inosservata.
Dai campi ai cortili: il termine ieri e oggi
In passato, il banduleri era l’uomo che scappava dalla giustizia, un vagabondo per necessità o per scelta. Ma con il tempo, come spesso accade, il significato si è un po’ alleggerito. Oggi, chiamare qualcuno “banduleri” non è necessariamente un’accusa di malvagità. Può essere un modo affettuoso, o perlomeno ironico, per apostrofare chi è un po’ furbo, un po’ scapestrato.
Quante volte, infatti, lo avete sentito gridare nei cortili? “Banduleri!” – ed ecco il ragazzino che torna col pallone di cuoio sotto braccio, o la bimba che, con le mani piene di more rubate, fa finta di non sapere nulla. Lì per lì suona come un rimprovero, ma sotto sotto, c’è sempre una sfumatura di complicità.
“Banduleri”: un’eredità spagnola
Il sardo, come si sa, è una lingua piena di prestiti e influssi. Dalla dominazione spagnola ci portiamo dietro parole e modi di dire che si sono radicati così profondamente da sembrare autoctoni. E così è per “banduleri”, che viene direttamente dallo spagnolo bandolero. Se in Spagna evocava la figura romantica del fuorilegge dei racconti popolari, in Sardegna si è trasformato in un termine ricco di sfumature locali, un mix di disprezzo e bonarietà.
Un complimento travestito da insulto?
Oggi, se qualcuno vi chiama banduleri, non prendetevela troppo. Forse, sì, vi sta dicendo che siete un po’ sfuggenti o inaffidabili. Ma più probabilmente vi sta riconoscendo una certa indipendenza di spirito, una capacità di vivere secondo le vostre regole – anche se ogni tanto queste regole le inventate sul momento.
Quindi, la prossima volta che qualcuno vi accusa bonariamente di essere un banduleri, sorridete e rispondete: “E ti pare poco?”. Del resto, nella vita, chi può dire di non essere mai stato un po’ banduleri?
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