La storia del Coro Padentes di Desulo: «Abbiamo un legame viscerale con il nostro paese»
Il loro simbolo? Tziu Giuanni Frore – meglio conosciuto come S'orrodescu –, l'ultimo uomo ad aver indossato l'abito tradizionale in modo giornaliero Un tuffo nella vita del Coro Padentes di Desulo
«L’esibizione che più ci ha colpiti? Senza ombra di dubbio quella all’ospedale Businco: lì si tocca con mano la sofferenza ma soprattutto la voglia di vivere. Dare un sorriso a chi lotta ogni giorno è stato un orgoglio, un onore e un dovere.»
È con amore per la terra e per le note che il Coro Padentes di Desulo, nato nel 2001 da una costola del Coro di Desulo, svolge le sue attività: un amore per la tradizione il loro che va avanti da venticinque anni senza tentennamenti, sempre con nuove iniziative ed entusiasmo.
«C’è il gruppo storico che traina l’associazione dall’inizio,» spiegano «ed è composto da circa venti persone, ma c’è spesso un bel via vai. Per varie vicissitudini, il Coro di Desulo smise la sua attività, una costola sopravvisse e si costituì in comitato per i festeggiamenti in onore del patrono Sant’Antonio. E dopo due anni venne costituita l’associazione Padentes e il coro prese forma.»
Da lì, per una quindicina d’anni si occupano della festa invernale ed estiva, poi abdicano al nuovo comitato ma con in testa una mission, quella di unire tutti sotto il segno della Sardegna.
Gli incontri, nella sede sita nella via principale – che, antichissima, fu anche la dimora della desulese morta a 106 anni Tzia Peppedda Littarru –, sempre di venerdì: «Ci esibiamo ogni qualvolta veniamo chiamati. Siamo sempre presenti, soprattutto in paese, per esibizioni che riguardano il sociale, beneficenza e per tutti i vari appuntamenti religiosi del paese» spiegano. «Tra le prossime esibizioni, abbiamo Desulo il 7 dicembre e Sinnai 14. Abbiamo un legame viscerale con il nostro paese: da qui nasce la nostra passione. È un senso di appartenenza che mischia la cultura, la musica e le tradizioni. Appartenenza perché cantiamo in abito tradizionale, cultura perché cantiamo i nostri poeti (in primis Montanaru, Don Lai Deidda e tutti i vari poeti da Arangino, tra presente e passato) e tradizione per via del nostro obiettivo, ossia cantare le melodie tradizionali, sacre e profane… dal rosario desulese a su perdonu ai vari goccios e tutte le canzoni tradizionali della settimana santa.»
Non mancano le ninne nanne e i duru duru.
«La nostra filosofia è non mollare mai. Dopo il Covid-19 abbiamo vissuto la morte di molte associazioni, per un anno abbiamo provato in 6, non ci siamo mai arresi. Chi la dura la vince!» dicono, accorati. «La direzione del coro è affidata, dal mese di aprile, a Salvatore Bua, un ragazzo di Sorgono. Nonostante la giovane età, dirige da anni il coro del suo paese ed è inserito in varie attività corali.»
Vasto il repertorio: perlopiù brani scritti per il coro Padentes, ma anche brani esterni.
«Eseguiamo anche brani in italiano, francese e spagnolo. Il nostro simbolo? Il signore anziano in costume, tziu Giuanni Frore – meglio conosciuto come S’orrodescu – e l’ultimo uomo ad aver indossato l’abito tradizionale in modo giornaliero. Apriva tutte le manifestazioni folkloristiche per il gruppo di Desulo, ci è sembrato giusto renderlo il nostro simbolo.»
L’associazione, sempre attiva soprattutto per le iniziative paesane, collabora anche in eventi di grande interesse come La Montagna Produce e il Premio Montanaru.
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