Roberto Congiu, da Cagliari alla Disney: «Los Angeles è diventata la mia casa ma amo la Sardegna»
«Noi sardi portiamo, sotto i nostri piedi, la terra sarda, dovunque. Non c'è una cosa in particolare, ma un misto tra famiglia, amici d'infanzia, sapori, odori della campagna, spiagge... quella sensazione di sentirti a casa.» La storia di Roberto Congiu, cagliaritano a LA
«Da emigrato, capisci veramente quello che diceva Emilio Lussu: noi sardi portiamo, sotto i nostri piedi, la terra sarda, dovunque. Non c’è una cosa in particolare, ma un misto tra famiglia, amici d’infanzia, sapori, odori della campagna, spiagge… quella sensazione di sentirti a casa. Grazie alla tecnologia, sento famiglia e amici comunque… mi viene da pensare a chi emigrò in altri tempi quando ci si scrivevano le lettere, per noi emigrati moderni è molto più facile.»
Roberto Congiu, cagliaritano di nascita ma a Los Angeles da vent’anni, descrive così la sua terra, quella d’origine: sì, perché ora è casa anche la città americana dove vive con la moglie californiana e con due bambini – di 3 e 6 anni –, enorme e multicentrica, calma e caotica al tempo stesso e così diversa dalla nostra Isola.
«Quando torno in Sardegna, cerco di passare il maggior tempo possibile con la famiglia, cosicché i miei figli la conoscano, e poi andiamo in giro, per fare conoscere la mia terra ai piccoli e a mia moglie.»
Adesso? Be’, si occupa data e analytics per una delle piattaforme di video streaming di Disney: «Devo costruire e mantenere un’infrastruttura di server che macinano dati 24 ore al giorno per monitorare l’attività, raccomandare quali film vedere, quali film sono i più visti etc. Visto in un’altra maniera, mi occupo di dati e di come renderli più utili… se i dati fossero uva, io zappo, coltivo il vigneto, faccio la vendemmia, poi faccio vino e fil’e ferru… Farlo alla Disney poi è particolare, abbiamo l’opportunità di vedere i film della Disney prima che escono, ci sono un sacco di eventi per le famiglie, il pass gratis per Disneyland.»
Ma andiamo indietro nel tempo per conoscere la sua storia.
«Sono partito due volte, la prima per l’università. Ero bravo a scuola, specialmente in matematica,» racconta «ho imparato da solo a programmare i computer a 13 anni. Volevo fare ingegneria informatica ma a quei tempi non c’era a Cagliari. Nonostante ci fossero pochi soldi, i miei fecero tanti sacrifici e mi mandarono. Purtroppo però alla fine del terzo anno mio padre perse il lavoro e dovetti trovarmi un impiego, dividendomi tra lavoro e studio.»
Roberto trova però – per fortuna – un lavoro con una borsa di studio in un centro di calcolo: è il suo campo, quindi riesce a fare esperienza e a imparare tantissimo.
«Quando finalmente riuscii a laurearmi, trovai un annuncio sulla bacheca dell’Università: una ditta che cercava ingegneri per ditte americane. Dopo diversi colloqui con ditte italiane, che mi offrivano uno stipendio da neolaureato senza esperienza (perché l’esperienza fatta come borsista/co.co.co non conta), feci un colloquio telefonico con una ditta americana che mi assunse all’istante, pagandomi anche le spese di biglietto e visto. Facendo i conti, con lo stipendio americano, in un anno potevo mandare abbastanza soldi per pagare i contributi volontari per far prendere la pensione a mio papà in anticipo. Mi sono detto, io ci provo, almeno così imparo l’inglese e faccio esperienza all’estero… ma sono ancora qua. Ci sono da più di vent’anni, ora lavoro per la Walt Disney, ma ho lavorato anche per startup, e per diversi anni a Yahoo!.»
I primi giorni, come spiega, sono buffi. «Mi sembrava di essere in un episodio dei Simpson. Los Angeles è la città più raccontata del mondo, era strano come fosse sia tutto nuovo, ma comunque familiare. Con la lingua non è stato troppo difficile, in genere parlando 1 ad 1 capivo tutto, ma a pranzo con i colleghi tutti americani mi perdevo e mi ci è voluto un po’ per acquistare padronanza non solo della lingua ma di tante piccole cose della cultura americana. C’è tutta una serie di cose che impari di cultura spicciola, modi di dire, etc. I primi tempi guardavo molta tv e poi il giorno dopo mi facevo spiegare le cose dai colleghi.»
Roebrto oggi abita a Pasadena, al centro. «A due passi abbiamo negozi e ristoranti, l’Apple store, le showroom della Tesla, Tiffany… Pasadena è una città all’interno dell’area metropolitana di Los Angeles, a 15 minuti di macchina dai grattacieli di downtown e a 40 minuti dalle spiagge di Santa Monica. È una delle città più antiche della California, adesso è famosa per la parada coi carri di fiori (rose parade) che si tiene il primo dell’anno insieme al Rose Bowl (una finale del football universitario che si tiene allo stadio omonimo, lo stadio centenario dove abbiamo perso i mondiali del 94, capienza 90mila persone). Ha una delle università più importanti del mondo, il California Institute of Technology o in breve CalTech.»
Insomma, per capirci, l’università dove lavorano Leonard & company della serie televisiva The Big Bang Theory.
«Difficile raccontare Los Angeles in poche righe: è una marea immensa di case, grande quanto mezza Sardegna, non ha un centro unico, sono molte città attaccate le une alle altre, ognuna con la sua identità distinta, tantissime comunità da ogni parte del mondo, ma comunque con un filo conduttore che le unisce. Noi abitiamo a 15 minuti dai grattaceli di downtown e a 40 dalle spiagge dei surfisti, ma anche 10 minuti dalle montagne dove puoi trovare orsi e puma. Quando porto un figlio a scuola, passo per un’autostrada a 12 corsie, passando tra gli uffici della Disney e della Dreamworks… ma quando porto l’altro che va in un asilo vicino alle montagne passi nel verde, vicino ai percorsi di hiking/horseback, e infatti ogni tanto trovi qualcuno a cavallo. Questa città è allo stesso tempo calma e caotica… piena di contraddizioni. Io l’adoro e per me adesso è casa.»
E non è stato difficile, dice, abituarsi.
«Forse perché non mi sono mai abituato al modo di pensare del posto da cui provengo. Ho sempre avuto il pallino per la scienza e la tecnologia e sono sempre stato considerato “quello con le idee strane”. Ho anche sempre avuto fame di imparare cose nuove e qua, a parte il lavoro, conosci persone dalle esperienze così diverse e disparate. Poi per esempio è molto più facile abituarsi sul lavoro, qua è molto più facile, c’è meno deferenza per i capi e se hai iniziativa e buone idee vieni premiato e promosso, c’è veramente più meritocrazia. Poi con le amicizie e la vita sentimentale non è tanto diverso che con l’Italia. Quello che è veramente diverso è il mangiare, a parte gli orari: qua molti cenano alle 6, alle 9 i ristoranti sono chiusi ma trovi gente che mangia anche alle 5 o alle 3. E non si fa primo secondo come da noi, in genere un piatto unico!»
Due case e due cuori, ma un percorso, il suo, che sa di intraprendenza e di coraggio.
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