Ieri il Consiglio comunale ha approvato, grazie alla collaborazione tra maggioranza e opposizioni, l’ultima variazione di bilancio.

Il sindaco Massimo Zedda: “Per prima cosa, metteremo subito a correre 1 milione di euro per la sicurezza stradale. Inizieremo dalle strade col più alto tasso di incidenti, da quelle vicino alle scuole e a quelle con 4 corsie predisponendo attraversamenti pedonali rialzati, segnalatori di velocità e zone 30”.

E ancora: “Abbiamo aggiunto finanziamenti per la riqualificazione del mercato di San Benedetto (1.800.000€ oltre al finanziamento regionale, per un totale di 3 milioni), del cimitero di Pirri (700.000), di viale Sant’Avendrace (1,2 milioni) e via Po (666mila).

Tra gli emendamenti approvati anche la manutenzione straordinaria degli edifici scolastici (190mila), la ristrutturazione del complesso sportivo di via degli Stendardi (1,76 milioni), i lavori di manutenzione del campo di calcio di via Schiavazzi (1 milione), la ⁠riqualificazione dello spazio esterno ex asilo di via Premuda (300 mila), la messa in sicurezza delle mura storiche in via Badas e della ex scuola Manno in via Lamarmora (200mila).

Incrementeremo inoltre le risorse da destinare a contributi per attività di cultura e spettacolo (435mila), manifestazioni e attività sportive (300mila), per le famiglie in difficoltà (250mila), e lo stanziamento di sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione (150mila). Risorse che si aggiungono ai contributi della Regione Sardegna e che permetteranno altri interventi di riqualificazione in tutti i quartieri della nostra Cagliari”.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.