Giornata speciale in casa Cagliari, dove si festeggia il compleanno del capitano Leonardo Pavoletti. L’attaccante rossoblù compie oggi 36 anni, e il club non ha mancato di celebrarlo attraverso i suoi canali social ufficiali. Un messaggio pieno di affetto e riconoscenza è stato dedicato al giocatore, simbolo di grinta, dedizione e spirito di squadra.

Originario di Livorno, Pavoletti si è trasferito al Cagliari nel 2017, diventando rapidamente un punto di riferimento per la squadra e i tifosi. Con la maglia rossoblù, il capitano ha collezionato finora 189 presenze, segnato 50 gol e fornito 8 assist. Numeri che testimoniano non solo le sue qualità tecniche, ma anche la sua costanza e il suo impegno sul campo.

La carriera di Pavoletti al Cagliari è stata segnata da momenti indimenticabili, tra cui reti decisive e giocate da vero leader, che hanno contribuito a consolidare il legame speciale con la piazza sarda. L’attaccante è oggi un esempio per i compagni di squadra, non solo per le sue doti sportive ma anche per la sua capacità di incarnare i valori del club.

Gli auguri del Cagliari sono stati accolti con entusiasmo dai tifosi, che si sono uniti alla festa con messaggi e dediche per il loro capitano.

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In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.