Accadde Oggi. 27 settembre 1919: 105 anni fa nasceva l’artista Maria Lai
La costante ricerca di qualcosa, la passione per il suo lavoro, la forza di volontà: ecco cosa animava Maria Lai, ecco cosa le permetteva di creare imprese all’apparenza impossibili. La forza, il talento, la voglia e il coraggio. E tanto altro ancora. La consapevolezza. Di cibarsi di arte. Di vivere una passione. Di battersi per le sue idee.
Maria Lai nasce a Ulassai. Ha quattro fratelli. A causa di alcuni problemi di salute, viene affidata a due zii senza figli che abitano nella pianura di Gairo – ottima per chi ha la salute cagionevole – e lì, benché non vada a scuola e resti quindi piuttosto isolata, inizia a sviluppare una inusuale forma di contatto con il mondo circostante e una particolare attitudine al disegno. Il tempo del gioco e della libertà è prolungato, per la piccola Maria Lai: in mezzo alla natura può vivere felice, cibarsi di fantasia e avvicinarsi inconsapevolmente all’arte.
Quando i genitori decidono di farle frequentare le scuole secondarie a Cagliari, l’impatto con il mondo esterno non è facilissimo. Salvatore Cambosu, suo maestro di Lettere, la aiuta in quello che è un percorso di consapevolezza, di comprensione: non solo capisce le difficoltà della piccola Maria Lai per quanto riguarda l’inserimento scolastico, ma ne coglie la sensibilità artistica. Con lui, l’allieva scopre la bellezza del latino e il valore della poesia. In questo periodo entra in contatto anche con Francesco Ciusa: questo primo contatto con l’arte vera la colpisce, la affascina, la cambia.
È del 1939 la partenza a Roma: anche se è una strada difficoltosa, Maria Lai decide di seguire il cuore e si iscrive al Liceo Artistico a Roma. Qui conosce Angelo Prini e Marino Mazzacurati, grandi maestri di scultura. I due vedono nella ragazza una linea quasi maschile, essenziale e rapida, senz’altro matura.
Dopo il Liceo, parte prima alla volta di Verona e poi a Venezia dove – nel 1943, precisamente – si iscrive all’Accademia delle Belle Arti. Qui segue un corso di scultura tenuto dagli artisti Viani e Martini. Le difficoltà sono tante, in questo ambiente.
Dal 1945 al 1954 si staziona in Sardegna – interessante è il modo che usa per tornare nell’isola, con delle scialuppe di salvataggio dal porto di Napoli a quello di Cagliari –. Forte anche dell’amicizia ritrovata con Cambosu, suo vecchio insegnante, insegna disegno alle scuole elementari della città. Fa amicizia anche con Foiso Fois, scrittore e artista. Nel ’47 il sequestro di suo fratello maggiore Gianni viene sventato per un pelo ma presto la sfortuna si abbatte sulla sua famiglia. Nel ’54 – dopo l’assassinio di suo fratello Lorenzo – Maria Lai torna a Roma. È un periodo amaro per l’artista che, logorata dalla perdita del fratello, è amareggiata e triste.
La sua prima mostra personale – nella quale si ammirano i disegni a matita dal ’41 al ’54 – avviene nel 1957 presso la Galleria L’Obelisco di Irene Brin. Si tratta di un anno molto ricco: apre uno studio d’arte, stringe amicizia con vari artisti tra cui Jorge Eduardo Eielson e compare in alcuni servizi dell’Istituto Luce.
Poi, dopo questa parentesi luminosa, dieci anni di quasi buio artistico. Muta materiali e tecniche, si allontana da gallerie e artisti e si lega più al mondo della scrittura. Stringe rapporto con Giuseppe Dessì e attraverso lo scrittore riscopre la bellezza della sua terra, la preziosità della tradizione, l’unicità delle leggende. Inizia così a vedere come privilegiata la sua origine sarda. Particolarmente rilevanti nella sua vita di questo periodo sono le correnti emergenti contemporanee, Arte Povera e Informale. Le lezioni di Martini – prima viste come una sorta di fallimento – iniziano ad avere il giusto valore, a essere considerate positive dall’artista. Tradizioni, miti e leggende della Sardegna la animano. Un punto di svolta: la ricerca del passato come indagine sul futuro.
Telai, Pani, oggetti del passato sardo: tutto questo anima quello che sarà un cammino ricco, particolare, unico. Quindi la sua arte cambia, si avvicina a quelli che sono caratteri quasi antropologici, popolari, tradizionali: le sculture di pane, ad esempio, sono particolari per il materiale povero e deperibile, legato al lavoro femminile, alla quotidianità, alla semplicità. Nei Telai, invece, scultura e pittura si incontrano.
Nel 1971 in una mostra curata da Marcello Venturoli – presso la Galleria Schneider a Roma – espone i primi telai. Nel 1976 conosce la proprietaria della galleria d’Arte Duchamp cagliaritana, Angela Grilletti Migliavacca – sua futura curatrice –, e l’anno successivo Mirella Bentivoglio che le permette di approdare alla Biennale di Venezia.
Anni 80: tele e libri cuciti, mappe astrali (definite dai critici Geografie), azioni teatrali, terracotte, interventi ambientali. Del 1981 è l’opera più conosciuta della Lai: Legarsi alla montagna – opera-azione che unisce l’intera comunità attraverso fili colorati – è il trampolino di lancio per altre importanti opere nella cittadina di Ulassai.
Si lega presto a Costantino Nivola e a Bruno Munari. Negli anni ’90 invece conosce lo stilista Antonio Marras e le cantanti Marisa Sannia e Elena Ledda. In questi anni, il suo lavoro viene apprezzato a livello internazionale. Dall’inizio del nuovo millennio vive e lavora nella casa sita nelle campagne di Cardedu.
Nel 2006 inaugura il Museo di Arte contemporanea Stazione dell’arte che raccoglie 140 delle sue opere. Vuole che sia una vera e propria Stazione dell’arte, quindi implicitamente un punto di partenza e di arrivo di diverse forme artistiche. Nel 2011 vince il Premio Camera dei deputati per i 150 anni dell’Unità d’Italia. La sua opera “Orme di Leggi” è collocata nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari.
L’opera di Maria Lai approda negli Stati Uniti nel 2017 grazie alla gallerista Marianne Boesky. Il 2018 è un anno molto importante: una mostra a Firenze, agli Uffizi, curata da Elena Pontiggia, e una della stessa Boesky che, rimasta molto affascinata dalle opere della Lai, vuole diffondere negli USA l’arte dell’artista sarda.
Maria Lai creava cose così semplici, così immediate che spesso non erano comprese (come diceva Nivola). Non sempre la sua arte arrivava in modo completo, soprattutto in un tempo nel quale l’originalità e le innovazioni erano viste con sospetto, con irrequietezza. La costante ricerca di qualcosa, la passione per il suo lavoro, la forza di volontà: ecco cosa animava Maria Lai, ecco cosa le permetteva di creare imprese all’apparenza impossibili. La forza, il talento, la voglia e il coraggio. E tanto altro ancora. La consapevolezza. Di cibarsi di arte. Di vivere una passione. Di battersi per le sue idee.
Tramite le parole della gallerista Boesky è possibile cogliere il cuore del suo lavoro: «Naturalmente è bello e coinvolgente da un punto di vista estetico, ma quello che mi ha colpito è stata anche la sua abilità di prendere materiali semplici e trasformarli in sculture complesse e poetiche. Aveva una capacità sbalorditiva di cucire insieme una sorta di esperienza universale che accomuna pubblici diversi e ispira reazioni sia personali che condivise».
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