Si scaldano i bracieri e fervono i preparativi degli ultimi giorni. A Giorgino tutto pronto per la tradizionale Sagra del Pesce 2024, prevista per il prossimo weekend del 7-8 settembre. Un menù di mare ricchissimo, cultura enogastronomica di Cagliari, che dal 1984 a oggi ha sempre deliziato i palati di tanti, nella piazza Nostra Signora di Fatima del caratteristico borgo.

Edizione numero 38

1984 – 2024. Per la Sagra del Pesce di Giorgino questo avrebbe dovuto essere il 40esimo compleanno. Ma, a causa dello stop da pandemia nel biennio 2020/2021, l’evento è giunto alla 38esima edizione, organizzato dal Comitato di Quartiere e dai tanti volontari del Villaggio Pescatori, con il Patrocinio del comune di Cagliari.

Il menù

Ma poco importa. L’iniziativa è pronta a offrire un ricchissimo programma, dagli spettacoli alla degustazione di ricette tipiche. Previsto un afflusso di migliaia di visitatori, dall’area vasta del Cagliaritano, pronti a gustarsi insalata i polpo, pisci a collettu, pennette allo scoglio, arrosto di muggini e sardine, e fritto misto. Accompagnato da un bicchiere di vino vermentino delle cantine Locci-Zuddas.

La storia della Sagra del Pesce di Giorgino

Una sagra che affonda le sue radici alla metà degli anni ’80. A suon di rumorose e sentite manifestazioni pubbliche gli abitanti del Villaggio Pescatori riuscirono a salvare le proprie case così caratteristiche. Alla  fine della costruzione del primo lotto del PortoCanale infatti si resero necessari spazi di servizio per i lavoratori e si pensò di trasferire gli abitanti del Villaggio in altre zone di Cagliari.

Gli abitanti però diedero vita a imponenti manifestazioni pubbliche, confermando la loro volontà di rimanere nel rione. Fino a quando, dal Consiglio Regionale di allora, non arrivò una delibera di giunta: stanziamento di importanti risorse finanziarie per Iacp,  a specifico indirizzo per la ristrutturazione delle case del Villaggio Pescatori.

Da allora, per ricordare questa conquista e per farsi conoscere dal resto di Cagliari, gli abitanti hanno dato vita alla Sagra del Pesce di Giorgino.

Il programma 2024

Sabato 7 settembre la Santa messa, alle 18.15, officiata da padre Giorgio Vacca nella chiesa del borgo. Dopo, l’inizio delle degustazioni e lo spettacolo musicale del gruppo Big Mama. Domenica 8 settembre, alle 17.30, lo spettacolo per bambini organizzato da Ado Teatro del Sottosuolo e, insieme alle degustazioni, l’intrattenimento musicale del duo Pino e Marcello Corda. Rinviato al prossimo 4 ottobre il convegno “Salviamo la laguna”, originariamente previsto per venerdì 6 settembre.

“Giorgino borgo vivo”

“Giorgino è un borgo vivo con attività commerciali e di ristorazione e stabilimenti balneari, grazie anche e soprattutto a chi quaranta anni fa ha avuto l’idea di organizzare la Sagra del pesce che è stata fermata solo dalla pandemia da Covid-19”, le parole dell’assessora alla Cultura, Spettacolo e Turismo, Maria Francesca Chiappe, sottolineando l’importanza della manifestazione per la “promozione del patrimonio culturale ed enogastronomico di Cagliari”. Un evento che “favorisce l’incontro tra cittadini, turisti e appassionati della buona cucina”, ha concluso la Chiappe.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.