Argiolas, storia di una Cantina e del sogno del suo fondatore Antonio

Come si diventa una delle cantine più importanti della Sardegna? Quali sono i segreti che hanno portato Argiolas, il Turriga e gli altri suoi vini a diventare protagonisti nelle tavole di personaggi del calibro di Sean Connery, Madonna e dei Reali di Inghilterra? Tutto questo parte dal sogno di un uomo nato nel 1906 e vissuto per 103 anni facendo ciò che più amava: fare e vendere vino. Un sogno portato avanti dai figli e dai nipoti con la stessa passione e la stessa tenacia.
C’è una storia fatta di terra, vino e tradizione che parte da un piccolo podere di tre ettari nelle campagne del Parteolla per finire sulla tavola di Sean Connery e della Famiglia Reale d’Inghilterra. Come ogni storia anche questa ha un chi, un dove, un quando e un come. Il “chi” è Argiolas, Antonio per la precisione e a seguire tutta la sua discendenza, il “dove” è Serdiana, il “quando” è lungo quasi un secolo e il “come” è molto più complesso (ma non meno affascinante) da spiegare.
Già perché raccontare come si diventa una delle cantine più importanti e prestigiose della Sardegna (e d’Italia) presuppone un percorso difficile quanto sfidante e ricco di soddisfazioni. Antonio Argiolas nasce nel 1906 a Serdiana da una famiglia di contadini e agricoltori. Nella sua testa e nel suo cuore una passione e un sogno: l’uva e il vino.
Al di là delle siepi e dei fichi d’india che delimitavano il suo podere, il signor Antonio vedeva un mondo senza confini in cui il suo sogno avrebbe potuto prendere forma e sostanza.
Da via Roma a Serdiana, dove, di fronte alla casa padronale, ancora oggi sorge la cantina, le sue uve iniziarono a essere vendute in Italia e in Europa nel secondo dopoguerra. Accanto alla rivendita di vino sfuso anche il caseificio di famiglia. Alla fine degli anni ‘70, grazie a un viaggio tra Argentina e California, arriva l’illuminazione.
Davanti al celebre cartello “Napa Valley”, la valle californiana votata al vino, Antonio Argiolas capisce che la tecnologia e la produzione di vino di alta qualità sarebbero stati il futuro della sua famiglia. “Rimase molto impressionato dal livello tecnologico di quelle aziende – racconta Valentina Argiolas, nipote di Antonio e attuale direttrice commerciale della cantina -. Un intero territorio che viveva di vino e che investiva ogni giorno per creare un prodotto sempre migliore. In quel momento decise di fare sua questa idea di produzione”.
Pochi anni dopo l’incontro “spartiacque” della storia dell’azienda di Serdiana, quello con l’enologo più famoso e riconosciuto d’Italia, Giacomo Tachis. “In quel periodo Tachis lavorava con Antinori, cantina della valle del Chianti tra le più importanti d’Italia – spiega Valentina Argiolas -. chiese a loro il permesso di collaborare anche con noi per sviluppare la cantina e farla conoscere al mondo. L’obiettivo fu chiaro fin da subito: creare un vino che raccontasse con classe, eleganza, carattere e gusto un intero territorio”. Da queste basi nacque il Turriga, con un nome ispirato alla statuina della Dea Madre antica più di 5mila anni e un blend che metteva insieme un carattere internazionale con le uve tipiche dell’Isola, dal Cannonau al Carignano, dal Bovale alla Malvasia nera. Nel 1988 il suo esordio, nel 1991 le prime bottiglie invecchiate in barriques di un prodotto che – come scrisse il giornalista Benedetto Ferrara su Repubblica – “sdoganò il vino rosso sardo agli occhi del pianeta”.
Ma “sua maestà” Turriga è solo la punta di diamante di una piramide produttiva, oggi sapientemente curata dall’enologo allievo di Tachis Mariano Murru, che racconta la Sardegna meridionale senza trascurare nessun aspetto. Come una “bandiera enologica” capace di sventolare con forza e autorevolezza in tutto il mondo. Dal Costamolino, il vermentino fruttato e alla portata di tutti senza il quale – come ammette la stessa Valentina Argiolas “niente sarebbe stato possibile”, all’ultimo nato, “Arjola”, cannonau rosato fermo che ha ottenuto il certificato di sostenibilità unico integrato sino alla bottiglia.
Senza dimenticare altri successi della cantina come l’Iselis bianco, etichetta che di fatto ha salvato il Nasco di Cagliari dall’estinzione, portando fuori questo vitigno dalla dimensione di vino da dessert e dando vita a un prodotto di carattere, che si presta per essere bevuto dall’antipasto al dolce e che risulta ideale per l’invecchiamento. Tutte caratteristiche apprezzate da consumatori molto esperti e competenti come ad esempio i consumatori di Hong Kong, mercato tra i più soddisfacenti nel mondo per la cantina del Parteolla.
In realtà fu Londra, in Inghilterra, il primo luogo dove una bottiglia di Argiolas fu aperta e servita al di fuori dall’Isola, ben prima che a Roma o Milano. Il titolare del prestigioso ristorante italiano San Lorenzo, a due passi dai magazzini di Harrod’s, si innamorò del Turriga, lo servì a tavola al presidente della Repubblica (sardo) Francesco Cossiga e all’imprenditore Charles Forte, e diede il là alla conquista della terra d’Oltremanica da parte della Cantina. Oggi i vini Argiolas sono bevuti in tutto il mondo, dagli Stati Uniti (primo mercato) al Giappone, passando per l’Europa, la Cina e l’Australia. Ristoranti tre stelle Michelin come 8/1/2 Bombana di Hong Kong e Grill Royal di Berlino – per citarne solo due – propongono ai propri clienti delle straordinarie verticali di Turriga.
Una lunga strada costellata di successi quella partita dal piccolo podere di Antonio Argiolas. Il fondatore si è spento, nel 2009, a 103 anni, facendo fino all’ultimo giorno quello che aveva sempre sognato: fare e vendere vino. Oggi i figli di Antonio, Franco e Giuseppe e i nipoti Valentina, Francesca e Antonio, proseguono il sogno del fondatore nei 250 ettari di proprietà e in ogni luogo del pianeta dove viene stappato un Turriga, un Senes, un Is Solinas o un Tagliamare. Nel profumo e nel gusto di quel bicchiere è racchiusa la storia di una famiglia e di un territorio che vanno avanti da quasi un secolo.

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