Lo sapevate? In una biblioteca sarda si trova un’edizione antichissima della Divina Commedia
Il codice dantesco fu sottoposto a restauro nel 1958, presso il laboratorio dell’Abbazia di Grottaferrata. In quella occasione fu sostituita la vecchia coperta della prima metà dell’Ottocento, con una in legno e pelle.
La Biblioteca Unversitaria di Cagliari possiede un prezioso manoscritto della Commedia di Dante, uno dei circa ottocento codici esistenti al mondo.
Il più antico è il Codice Landiano 190, datato 1336, conservato presso la Biblioteca Passerini-Landi di Piacenza. Il codice membranaceo custodito a Cagliari, è datato a partire dalla metà del XIV secolo, secondo alcuni studiosi, secondo altri fino ai primi decenni del secolo successivo; appartiene all’area toscano-cortonese. La scrittura utilizzata è la littera textualis, una variante di scrittura gotica, attribuibile ad un’unica mano; il testo è disposto su un’unica colonna, per lasciare spazio alle chiose, che sono state copiosamente annotate sia in latino che in volgare. Il codice è decorato con preziose miniature, sotto forma di fregi, di capolettera ornati e istoriati, che in alcuni casi riassumono episodi del testo, con profusione d’oro e colori brillanti.
Mutilo in alcune parti, incomincia con il verso ventiduesimo del secondo canto; presenta una particolarità: contiene infatti due terzine aggiunte che non compaiono in altri codici, la prima alla fine del canto XXI e l’altra alla fine del canto XXIII dell’Inferno; queste con tutta probabilità sono state inserite da un revisore, e non dal copista. Porta la nota di possesso “ex libris Montserrati Rossello”; giunse in Biblioteca attraverso l’acquisizione della ricca libreria gesuitica di Santa Croce (la prima soppressione della Compagnia di Gesù risale al 1773), nei primi anni di funzionamento della Biblioteca quando era direttore Giacinto Hintz. L’Hintz, padre domenicano di origine lituana, docente di sacre scritture, molto si adoperò con i vertici dell’Università perché il cospicuo e prezioso patrimonio librario pervenisse nella nascente biblioteca.
Della biblioteca dei Gesuiti di Santa Croce la parte più prestigiosa era quella già appartenuta a Montserrat Rossello, pervenuta per volontà testamentarie dello stesso, alla sua morte, nel 1613, in virtù del legame particolare che ad essi lo univa. Rossello, sardo di origini maiorchine e catalane, figura di spicco del tempo, rivestì molti prestigiosi incarichi; fu infatti giudice della Reale Udienza, tribunale supremo del Regno con competenze civili e penali, e visitatore generale del Regno, ma al contempo uomo di grande cultura e raffinato bibliofilo. La sua biblioteca rappresenta l’esempio perfetto di raccolta libraria sistematica che un bibliofilo del Cinquecento, colto e avveduto, potesse formare. Di tale raccolta, presso l’Archivio di Stato di Cagliari, è custodito il solo inventario dei libri a stampa; risulta difficile tuttavia pensare che egli non possedesse anche manoscritti. La presenza dell’ex libris nel codice dantesco potrebbe quindi raccontarci che esso fosse stato acquistato dallo stesso R. oppure che i Gesuiti, seguendo le sue volontà testamentarie, avessero continuato a incrementare la raccolta, e ad apporre la nota di possesso del Rossello sul codice, e su altri ugualmente pervenuti in Biblioteca.
Il codice dantesco fu sottoposto a restauro nel 1958, presso il laboratorio dell’Abbazia di Grottaferrata. In quella occasione fu sostituita la vecchia coperta della prima metà dell’Ottocento, con una in legno e pelle.
[FOTO E TESTI: BIBLIOTECA UNIVERSITARIA DI CAGLIARI]
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