Speciale Elezioni Regionali Sardegna. Le interviste ai candidati presidenti: Renato Soru
Ecco l'intervista al candidato della Coalizione Sarda Renato Soru.
Abbiamo intervistato i quattro candidati alla presidenza della Regione Sardegna in vista delle elezioni del 25 novembre 2024. A tutti abbiamo fatto le stesse sette domande per farci raccontare la loro idea di Sardegna per i prossimi cinque anni. Ecco l’intervista al candidato della Coalizione Sarda Renato Soru.
1) Si presenti e ci dica in breve perché ha scelto di candidarsi alla guida della Regione Sardegna
Mi chiamo Renato Soru e sono nato a Sanluri. Sono un imprenditore e politico sardo. Ho deciso di candidarmi perché la Sardegna ha bisogno di un cambiamento nuovo, di una rinascita, un impegno collettivo, una mobilitazione generale e generazionale. Non riesco a stare indifferente al disastro degli ultimi 5 anni di giunta Solinas: l’isola si spopola sempre di più, anche nell’indifferenza. Il ddl sull’autonomia differenziata minaccia le nostre prerogative statutarie, l’amministrazione è basata su strumenti arcaici, ha perso la capacità di gestire le risorse, la sanità pubblica sempre più lontana, i trasporti inadeguati e precari, la scuola dimenticata. Non si riescono a spendere i soldi del Fondo sociale europeo per la formazione professionale. Questa è una regione da ricostruire. Siamo tornati indietro, nuovamente all’Obiettivo 1. Serve un momento di rifondazione. Ho fatto quasi 100 incontri pubblici in tutta la Sardegna, tutti trasmessi in streaming. Il centrosinistra ha invece preferito rinchiudersi al suo interno, nelle segreterie, evitando una discussione. Io ho chiesto di fare le primarie, ma nessuno le ha volute. Così ho pensato che la Sardegna meritasse qualcosa in più rispetto al dover scegliere tra una proposta di destra – la stessa destra oggi al governo – e quella del M5s.
2) Il tema forse più sentito da parte delle sarde e dei sardi è quello della sanità, sia per le vicende degli ultimi anni, sia per le tante falle che il sistema sanitario regionale continua a mostrare. Quali sono le azioni che intende mettere in campo?
Per prima cosa impegnarsi per una politica che rimetta al centro quel diritto alla salute che sta venendo a mancare in questi anni: la politica deve selezionare le persone competenti e lasciarle lavorare senza andare in corsia a cercare il consenso, perché l’unico interesse è la salute delle persone. In questi anni è mancata l’attenzione al personale, medici e infermieri. Per questo bisogna fare un piano di investimento straordinario su questo capitale professionale. Senza di loro non ci può essere sanità. Devono lavorare in un luogo sano, dove si premia il merito e non le amicizie. Ci sono contratti da rifare, medici da stabilizzare, bisogna prevedere premialità dove servono. E l’assistenza sanitaria deve partire dalla casa del paziente. Si può fare con la medicina domiciliare integrata, con una politica socio assistenziale che preveda medici di medicina generale e guardie mediche sempre presenti, in presìdi avanzati tecnologicamente. Con la telemedicina si possono fare esami a domicilio. In sostanza, dobbiamo agire seguendo modelli discussi e decisi nel territorio. Dobbiamo partire dal domicilio del paziente, non dal maxi hub ospedaliero
3) Un altro tema di difficile soluzione è quello dei trasporti, esterni e interni. Quali sono i modelli che intende proporre per garantire ai sardi il diritto alla mobilità?
Sulla mobilità la Sardegna deve ripensarsi come piattaforma intermodale e non come sommatoria di servizi che non dialogano tra loro. Infatti le necessità di trasporto non si esauriscono nella possibilità di entrare o uscire dall’isola ma in quella di muoversi in modo facile ed economico all’interno delle città e tra i centri urbani grandi e piccoli dell’isola. Quindi, Art e Fdi devono parlarsi. Anni fa avevamo pensato al biglietto unico, che oggi è la normalità dovunque. Sono passati tanti anni e non si è fatto nulla. Con noi ci sarà. Dal 2008, le norme europee sulla continuità non sono cambiate e con quelle regole si viaggiava in continuità da Cagliari, Olbia e Alghero verso otto città italiane, con un costo del biglietto fisso: 50 euro per i residenti e 125 per i non residenti. Oggi, dopo tanti disastri delle giunte di centrodestra, abbiamo meno voli, verso meno città e una situazione di libero mercato per i non residenti che fa arrivare i biglietti a prezzi carissimi. Dopo le tante proroghe di questi anni, a breve potremo rinegoziare con l’Europa il diritto dei sardi di volare a prezzi contenuti e si potrà estendere la continuità ad altre città italiane e verso alcune europee. Ma ci vuole un progetto unico, che coinvolga in maniera unitaria gli scali di Cagliari, Olbia e Alghero. E non voglio sperimentare tariffe uniche o altre invenzioni che sono meri slogan, voglio avere certezza del prezzo del biglietto perché non si viaggia solo per turismo o piacere, ma anche per lavoro e per motivi di salute e il diritto alla mobilità deve essere assicurato in queste occasioni. Poi, la continuità marittima per le merci è una battaglia da fare.
4) Una questione indissolubilmente legata al tema trasporti è il turismo, una voce economica importante per l’Isola. Quali modelli deve adottare la Sardegna per stimolare i visitatori?
Il turismo è necessariamente connesso al tema dei trasporti e a quello dei servizi, ma anche ai temi cruciali dell’ambiente. Permettetemi di fare un passo indietro, perché il PPR ha permesso di non dimenticarci che quello che ci circonda è patrimonio di tutti, anche di chi verrà e dobbiamo preservare bellezza e unicità. Io penso che la buona politica spesso sia un seme che ha bisogno di tempo per germogliare e dare frutto. Invece, troppe volte, chi governa si muove per mietere tutto e subito, possibilmente vicino alle elezioni. Una prospettiva di lungo termine è necessaria e il turismo ha ancora bisogno di queste premesse, per cui faremo in modo che vengano approvati i Puc, così come la legge urbanistica, che è una delle prime cose che faremo. Poi, investiremo sul turismo locale e sostenibile, e anche sulla formazione ai professionisti di questo settore e alle guide turistiche. Abbiamo bisogno di giovani preparati sul marketing e la promozione turistica. La valorizzazione dei beni culturali, archeologici e minerari della Sardegna ha ricadute economiche e occupazionali importanti. Penso a quanto potrà incidere un’agenzia regionale del patrimonio culturale che stabilizzi tutti i lavoratori dei siti archeologici.
5) Lavoro e occupazione: la Sardegna resta una delle regioni con gli indici peggiori d’Europa. Su quali settori bisogna puntare nei prossimi anni per invertire la tendenza?
La invertiremo, e per farlo c’è bisogno di un orizzonte ampio e di una visione a lungo termine. Lo faremo prima di tutto con una legge sulla scuola e la formazione, che prenda per mano i bambini della prima elementare, impedisca che non si perdano, fornisca le competenze necessarie nel mondo di oggi e li accompagni fino alla laurea. L’istruzione è la massima forma di giustizia sociale e la più importante infrastruttura su cui la Sardegna deve investire per assicurarsi un futuro. Dal 2000, con la riforma del titolo V, la Sardegna ha la competenza concorrente con lo Stato in tema di scuola ma l’ha utilizzata poco o nulla. Abbiamo visto come lo Stato si sta ritirando da tutto e pensa con cinismo solo a tagli, come per il nuovo piano di dimensionamento scolastico di cui si discute in questi mesi. Per questo va discussa una norma di attuazione che chiarisca questa competenza concorrente regionale nella scuola, in modo che anche su cose come il dimensionamento scolastico possiamo dire la nostra e intervenire. La dispersione scolastica è dispersione sociale. Infine, è fondamentale che la lingua, la cultura e l’arte sarda vengano insegnate nelle scuole: i ragazzi devono conoscere i luoghi dove crescono e devono avere quel pezzo di cultura che a noi, nei nostri percorsi scolastici, è mancata
6) Agricoltura e allevamento. Cosa può fare la Regione Sardegna per difendere i produttori isolani e aiutarli ad essere competitivi nei mercati internazionali?
La Sardegna ha bisogno di una legge sul pastoralismo, e questa deve avere una visione e una strategia generale per il comparto che genera più occupazione, soprattutto nelle zone interne, e produce insieme alle foreste un bene che stiamo comprendendo ora quanto sia prezioso, per la cattura di CO2. In Sardegna abbiamo 250mila ettari di foresta che rappresentano il secondo patrimonio forestale italiano, e se si considera anche il terreno dedicato al pascolo arborato diventano 1 milione e 200 mila ettari. C’è un valore per la qualità ambientale ancora non riconosciuto ai pastori e ai contadini per l’attività che fanno presidiando la campagna, lavorandoci, salvaguardando equilibri naturali. Bisogna tornare agli accordi fra produttori, fra il pastore che produce e i trasformatori, legati da un comune destino e insieme devono avere i vantaggi quando ci sono delle contingenze favorevoli, e insieme condividere i momenti di difficoltà. Inoltre, bisogna semplificare: le agenzie e gli enti regionali dovrebbero garantire tutela, assistenza tecnica e vicinanza all’attività in campagna, non solo sbrigare pratiche. Questo è un settore che va portato nella modernità e lo si deve guardare volgendo lo sguardo al futuro della Sardegna e dei paesi. Diventa fondamentale favorire il ricambio generazionale. Ci sono tante aziende che già lo stanno facendo, sfruttando appieno la nuova agricoltura verde e le opportunità della transizione digitale.
7) Faccia un appello agli elettori: perché dovrebbero votare lei e la sua coalizione?
Stiamo scrivendo una storia nuova per la Sardegna, diversa rispetto a quella che ci stanno proponendo i partiti italiani. La coalizione sarda segna l’avvio di un percorso e di un progetto che ha testa, cuore, ambizioni e orizzonti in Sardegna. In Val d’Aosta, nel Sud Tirol, in Catalogna o nei Paesi Baschi i partiti regionali hanno dato una forte spinta per lo sviluppo e vogliamo che la Sardegna diventi una regione che possa confrontarsi alla pari con quelle più avanzate d’Europa. Il primo obiettivo sono le prossime elezioni regionali. Possiamo dire che abbiamo già vinto perché abbiamo imposto l’agenda politica e i temi, che qualche volta ci copiano perché con lo streaming è facile. Il 25 febbraio bisogna avere coraggio e votare per un futuro dignitoso per i sardi e le sarde.
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