Margherita, Canadese, Quattro Stagioni, Diavola, Marinara: la pizza italiana, tanto invidiata in tutto il mondo, è il comfort food per eccellenza per tantissimi di noi. Ci salva la cena quando non abbiamo voglia di metterci ai fornelli, spesso la pizzeria è la prima scelta anche quando decidiamo di condividere una serata fuori con amici e parenti, per festeggiare un compleanno o semplicemente per trascorrere un momento in compagnia senza troppi impegni. Nonostante la pizza sia per antonomasia protagonista della cena degli italiani, ormai sta conquistando il podio anche durante i pranzi. Vi siete mai chiesti cosa rende una pizza, una buona pizza? Sicuramente gli ingredienti con cui viene condita devono essere di prima qualità, ma a determinare la bontà di una pizza è sempre la cosa più difficile da realizzare: l’impasto. Alla ricerca di un posto in cui soddisfare questa nostra voglia di pizza per pranzo ci siamo ritrovati da Tantaroba, pizzeria di Quartucciu (via mandas 30B) conosciuta proprio per i suoi impasti.

Attirati dal “Pizza Lunch 3.0”, incluso di una pizza a scelta tra quelle presenti in tutto il menù, una porzione di chips appena fritte e una bibita analcolica 0.33, entriamo da “Tantaroba” e ci basta un attimo per capire che il nome identifica appieno lo spirito del menù. Oltre alla possibilità di potersi creare la pizza con i tantissimi ingredienti, restiamo piacevolmente sorpresi dalla possibilità di scegliere anche la tipologia di impasto da abbinare.

Pizza Lunch 3.0

Impasto al carbone vegetale, integrale, multicereali, semola grossa, con semi di papavero o sesamo e fino a quello al cacao: otto diversi impasti dominano il menù di Tantaroba, ma quali sono le differenze? In nostro aiuto arriva Alessandro, giovane pizzaiolo che, dopo aver lavorato anni nel settore, ha deciso di mettersi in gioco e aprire una pizzeria tutta sua nella quale l’impasto gioca un ruolo fondamentale. Studiando un impasto personalizzato, il cuore della pizza è un equilibrio perfetto di ingredienti di prima qualità, dove la temperatura dell’acqua, della farina e dell’ambiente sono elementi chiave. Ma la vera magia risiede nella sua gestione, con una doppia lievitazione che si protrae per circa 70 ore. Il risultato? Una pizza con una croccantezza irresistibile all’esterno e una morbidezza avvolgente all’interno.

Tra le specialità troviamo l’impasto alla semola grossa per una pizza più croccante, perfetto da abbinare alla pizza Eccellenza Culinaria, dove la base, soffice e croccante allo stesso tempo, è completata da stracciatella di burrata, prosciutto crudo, pomodorini cherry, olive taggiasche e basilico fresco.

Continuando, troviamo la Made in Sardegna con pomodorini, mozzarella di bufala, olive taggiasche, rucola, grana, prosciutto crudo e olio, che decidiamo di provare su un impasto al carbone vegetale.

Immancabile l’abbinamento tra mortadella e granella di pistacchio che da Tantaroba ritroviamo nella pizza Regina di Cuori, resa speciale dalla freschezza e cremosità della stracciatella di burrata. Mentre, per chi ama i sapori rustici e cerca qualcosa di diverso dal solito, la scelta perfetta è tra l’impasto con semi di papavero e quello con semi di sesamo.

Ma le alternative per il “Pizza Lunch” non si fermano alla pizza, infatti, il menù propone anche una selezione di piatti alternativi come insalate, Hot Bread, Mexican Chicken Wings, Chicken Wrap e Pita, che possiamo farcire come più ci piace oppure degustare nella sua versione “Greek Pita” con bufala DOP, pomodorini Cherry, olio d’aglio e origano.

Mexican Chicken Wings e focaccia appena sfornata

Tra questi, non potevano lasciarci sfuggire l’assaggio dell’Hot Bread, una calda focaccia homemade farcita con salsiccia fresca, cipolla, pomodorini Cherry, insalata e salsa Harissa, per un tocco di piccantezza.

Da Tantaroba l’impasto è protagonista anche nella carta dei dolci e, quindi, non ci rimane che concludere in dolcezza il nostro pranzo e la nostra esperienza gastronomica, con delle irresistibili “Chocolate Balls”, piccole palline di impasto fritte e zuccherate da immergere nella Nutella e accompagnate dal nostro topping preferito. Anche per il dolce, siamo noi a scegliere l’impasto: avete già provato quelle al carbone vegetale cosparse di cioccolato bianco?

Lo sapevate? Che cosa vuol dire in sardo la parola “Cagadinai”?

Avete mai sentito questo epiteto molto diffuso nel Campidano e nel Sud Sardegna? Andiamo a scoprire che cosa significa.

Sapete davvero che cosa significa in sardo la parola “Cagadinai”? No, non è una di quelle parole che puoi usare per chiedere un caffè al bar senza attirare sguardi perplessi. È un termine spassoso, un po’ irriverente e tipicamente sardo, che merita tutta la nostra attenzione per il suo genio linguistico. Prepariamoci a esplorarlo insieme!

Se avete mai messo piede nel Campidano o nel Sud Sardegna, probabilmente avrete sentito qualcuno pronunciare “Cagadinai”. Magari al mercato, forse in una chiacchierata tra amici, oppure durante una discussione animata di quelle che solo i sardi sanno fare con così tanta passione. Ed è lì che vi siete chiesti: ma cosa significa esattamente? È un insulto? Un complimento? O un termine che dipende tutto dal contesto, come molte altre espressioni sarde? Tranquilli, sono qui per fare un po’ di chiarezza, con un pizzico di ironia.

Partiamo dalle basi: il sardo è una lingua fantastica, capace di dipingere interi quadri con una sola parola. È ricca di termini composti, espressioni colorite e immagini che rendono subito l’idea. E “Cagadinai” non fa eccezione. La parola, già di per sé, è uno spettacolo: provate a pronunciarla ad alta voce senza sorridere – missione impossibile! E il significato? Beh, letteralmente, “cacasoldi”. Sì, avete capito bene, proprio così. Un’immagine così surreale che merita un applauso.

Ma chi è, in pratica, il “Cagadinai”? No, non è una creatura mitologica che espleta lingotti d’oro, anche se l’immagine è intrigante. È un epiteto che si usa per definire una persona ricca, molto ricca, di quelle che maneggiano denaro come se piovesse. E qui sta il tocco geniale: chiamare qualcuno “Cagadinai” è un modo sardo per sottolineare, con una punta di ironia, il suo essere sfacciatamente benestante. È come dire: “Ah, tu sì che te la passi bene, eh?” Ma con più stile, ovviamente.

Il bello è che “Cagadinai” racchiude tutto: un po’ d’invidia bonaria, un po’ di ammirazione nascosta e quel pizzico di ironia che è la firma inconfondibile del popolo sardo. Non è un’offesa, ma neanche un complimento plateale: è un’etichetta che si appiccica addosso con il sorriso, come a dire: “Tu sei uno di quelli che, mentre gli altri arrancano, sembra che i soldi li faccia spuntare dal nulla.”

Ora che lo sapete, non vi resta che fare pratica. La prossima volta che incontrate qualcuno con l’aria di chi potrebbe tranquillamente dormire su un materasso pieno di banconote, sorridete e dite: “Ma sei proprio un Cagadinai, eh!” E se vi guardano male, fate finta di non essere mai stati qui. 😄