Della cagnetta che vi mostriamo oggi non si sa nulla: abbiamo per il momento solo queste due foto che, da sole parlano già abbastanza chiaramente. Raccontano di come, nel 2023, gli animali vengano ancora brutalizzati in questo modo, maltrattati, isolati, trattati come rifiuti di una società che probabilmente ha ancora tantissimi problemi morali cui fare i conti.

Perchè se ancora nel 2023 un cane debba essere recuperato dai volontari in queste condizioni allora c’è qualcosa di evidentemente molto malato nell’uomo. Olimpia, così è stata chiamata la cagnetta, si trova adesso al sicuro. E’ arrivata ieri al canile di Quartu Sant’Elena (vicino Cagliari), Tana di Bau.

Le volontarie si stanno ora prendendo cura di lei ma nessuno sa cosa le sia successo, nessuno conosce l’origine di quel buco in testa che sì, guarirà di sicuro ma le sue ferite dell’anima, chissà.

Per informazioni su Olimpia e su tutti gli altri cani e gatti ospiti della struttura: 3283661490

Ricordiamo che si può aiutare, anche senza adottare, un canile o rifugio, ad esempio donando materiali utili: coperte, cuscini, lenzuola, ciotole, giochi, cibo, adozioni a distanza e/o qualunque cosa possa servire alle volontarie per prendersi cura quotidianamente degli animali ospitati.

La storia c’è tutta. E’ quella vera (rivisitata per il cinema) di Ovidio Marras, un anziano pastore sardo che per tantissimi anni ha resistito a un progetto che voleva trasformare la sua terra in un resort di lusso. Il nuovo film di Riccardo Milani, come accadde nella realtà, ha il grande merito di raccontare la battaglia di principio di un uomo contro la speculazione edilizia ma anche contro il solito vecchio e terribile ricatto della Terra in cambio di Lavoro e “progresso”.

Un ricatto a cui tanti sardi hanno ceduto nella seconda metà del ‘900 e a cui il personaggio di “Efisio Mulas”, ispirato a Marras, scomparso nel 2024 all’età di 93 anni, non cede per tutta la sua vita. La frase più bella e significativa del film è proprio il protagonista, interpretato da uno strepitoso Ignazio Giuseppe Loi, pastore alla sua prima esperienza cinematografica, a pronunciarla (battuta che strappa l’unico applauso durante la proiezione alla prima, tenutasi a Cagliari al Teatro Lirico alla presenza del cast). “La spiaggia è bella perché è di tutti”. Perché in questa storia non si parla solo di tutela ambientale ma di dignità di un popolo. Di resistenza al cemento intesa come resistenza alla possibilità di restare tutte e tutti padroni di un bene superiore, quello naturalistico che non può essere barattato con l’offerta di lavoro scarsamente qualificato.