Quelli del Bar Ragno: fasti e nefasti del bar che fu il cuore pulsante di una Cagliari che non c’è più
All'angolo fra via Manzoni e via Leopardi, nel cuore del quartiere di San Benedetto, fra il bancone del locale di Mario Congiu ed Efisio Spiga e i tavolini della fumosa sala interna se ne son viste parecchie
Fosse stato un bar qualunque, non ci avrebbero certo scritto un libro. I cagliaritani di qualche generazione fa, quelli cresciuti a cavallo fra gli anni sessanta e ottanta se lo ricordano bene il Bar Ragno.
All’angolo fra via Manzoni e via Leopardi, nel cuore del quartiere di San Benedetto, fra il bancone del locale di Mario Congiu ed Efisio Spiga e i tavolini della fumosa sala interna se ne son viste parecchie, e gli avventori del bar spaziavano dal primo all’ultimo gradino della scala sociale. Dal semplice operaio, all’avvocato di grido, da politici della vicina sezione del PCI alle leggende del mondo del calci; Gigi Riva, per dire, era uno di questi. Insomma, dentro quel bar le differenze di classe si annullavano. C’era la media borghesia di allora che fraternizzava con la “crema” di Cagliari, come la definisce signor Mario. Cenzo Soro, leggendaria figura del calcio isolano e assiduo frequentatore del Bar Ragno, gli scrisse una lettera il giorno della chiusura del locale, nel 2003. Insomma, in una Cagliari che non c’è più, forse più simile ad un grande paese che a una città, il Bar Ragno poteva essere considerato il bar centrale, quello che nei paesi è il bar della piazza. Non mancava poi l’ “animazione”, grazie a Franco Becini, cantante di strada che si esibiva con la sua chitarra fra i tavolini, con il suo cavallo di battaglia “Binario (triste e e solitario)” del reuccio Claudio Villa. Oggi Franco continua ad esibirsi di fronte al mercato di San Benedetto, qualche capello bianco in più ma sempre la stessa passione degli anni d’oro.
Signor Mario invece è ormai in pensione, e ripercorre la sua storia, legata per sempre al Bar Ragno: «Fra gli anni sessanta e ottanta, era un’altra Cagliari, e il bar era un luogo di aggregazione sociale. Si giocava a carte fra una coltre di fumo, si compravano i regali per andare a far visita agli amici, dai quali ci si presentava con una bottiglia o con una scatola di cioccolatini magari impacchettati dal barista con un fiocco. Ora i bar non sono più quel posto che erano qualche tempo fa, dove ci si incontrava per giocare a carte o confidarsi». Fra la clientela, poche donne a dir la verità: «Erano altri tempi – ricorda signor Mario- Spesso le mogli chiamavano al bar e io passavo le loro telefonate ai miei clienti». Dopo la chiusura, signor Mario ha dovuto affrontare alcuni problemi di salute, che hanno fatto passare in secondo piano la nostalgia per quegli anni. Al suo posto ora c’è un altro bar, di fronte al quale signor Mario passa raramente: «Dopo la chiusura del Ragno, mi è capitato di passare di fronte, ma Cagliari è cambiata, e con la città, anche il quartiere di san Benedetto. Passegginado per quelle vie, mi sembra di stare in un altro posto, completamente diverso da quello che è stato». Come già detto, l’epopea del Bar Ragno fu raccontata da Nino Nonnis, nel libro intitolato “Hanno ucciso il Bar Ragno”, con il quale rievoca fasti e nefasti di quel locale che fu anima del quartiere e della città.
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