In Sardegna, durante l’epoca fascista, furono fondate tre nuove città e numerosi villaggi. Sapete quali sono?
Tre città che esistono ancora oggi e che rivestirono allora un ruolo molto importante.
La demografia della Sardegna è rimasta per lungo tempo molto poco influenzata dagli afflussi esterni. Fino al 1931 solo poco più del 3% della popolazione era nata al di fuori dei confini regionali.
Tutto questo cambiò proprio negli anni ’30 quando la politica nazionale promossa dal regime fascista incentivò l’immigrazione da altre regioni.
In particolare si trasferirono in Sardegna migliaia di persone provenienti soprattutto da Veneto, Marche, Abruzzo e Sicilia. Tutti arrivavano nell’Isola attirati – sembra strano al giorno d’oggi – dalla grande offerta di lavoro generate da miniere e agricoltura. Più tardi, quando il fascismo era già tramontato l’immigrazione vide coinvolti gli esuli istriani e dalmati, in fuga dai territori dell’Ex Jugoslavia.
Ma rientrando all’epoca fascista possiamo individuare tre grande aree di immigrazione, coincidenti con le tre nuove città che Mussolini decise di istituire sul territorio regionale. Stiamo parlando di Mussolinia (oggi Arborea), Fertilia e Carbonia. I primi due centri erano nati per riunire le popolazioni dedite all’agricoltura, per la maggior parte originarie del Veneto. Il terzo, Carbonia, divenne la terza città più importante e popolata della Sardegna grazie anche alle numerose miniere che offrivano migliaia di posti di lavoro. Nel suo periodo d’oro Carbonia superò anche i 50mila abitanti.
Ma sono numerosi i villaggi fondati in epoca fascista. Ecco quali erano: Giorgino (Cagliari); Linnas, Luri, Pompongias, Sassu, S’Ungroni, Torrevecchia, Bacu Abis, Cortoghiana (frazioni di Mussolinia/Arborea); Tanca Marchese (Terralba); Villaggio Calich, Tramariglio, Fertilia (frazioni di Alghero); Campo Giavesu (Giave); San Priamo (San Vito); Strovina (frazione di Sanluri).
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