Giulia Bellu, la tiktoker cagliaritana che brilla sui social: “Online è facile ricevere amore, ma anche insulti”
Da una passione un lavoro, video brillanti e divertenti per il giovane popolo di Tik Tok. Giulia Bellu è una giovanissima tiktoker cagliaritana. 155mila follower e creatività costante.
canale WhatsApp
Da una passione a un lavoro. Video divertenti e brillanti su “Tik Tok” e sui social: un sorriso per chi la segue online, dallo schermo di uno smartphone. Se poi si aggiungono i 155mila follower, il successo è tanto. Mica male per Giulia Bellu, 23enne cagliaritana, studentessa di Biotecnologia Farmaceutica e tiktoker dietro i libri. Contenuti simpatici per i tantissimi giovani che popolano il mondo virtuale e impegno quotidiano.
“Una passione nata per caso”, spiega Giulia, “durante il lockdown di marzo 2020 avevo aperto un profilo “Tik Tok” e un giorno mi è venuto in mente di fare un video: parlavo prima in dizione e poi sfoggiavo frasi con marcato accento cagliaritano”. Un’idea simpatica, insomma, di quelle che girano nel mondo social e Giulia l’ha seguita. Ed ecco fioccare i “like”. “È diventato in poco tempo il mio lavoro, parallelo agli studi. E lo porto avanti con impegno. Divertimento, sì. Ma anche creatività e costanza nel creare contenuti sempre nuovi. Se molli, rischi di perdere tutto”.
Studio ed esami universitari portati avanti brillantemente da Giulia. Per la giovane cagliaritana, del resto, il voto alto è sempre uno degli obiettivi principi, così come la corona d’alloro. Poi, sotto con video e contenuti: il giovane popolo di Tik Tok, così come quello di Instagram, deve essere sempre stuzzicato. Ma l’errore è sempre dietro l’angolo. “Bisogna sempre stare attenti a ciò che si dice e a come lo si dice. Basta un attimo e subito possono darti un’etichetta. La gente infatti è convinta di conoscerti solo sulla base di quanto pubblichi. Il mondo social è un campo minato e gli insulti possono arrivare da un momento all’altro. E capisco che spesso chi lo fa scarica la sua frustrazione su di te, senza pensare alle conseguenze”.
Per tanti è un gioco, ma per Giulia fare video e intrattenere i suoi follower è un impegno non indifferente. “Io sono una ‘fan’ dell’errore e sbagliando si impara tantissimo. Ma lo sbaglio sui social può costarti tantissimo”. Ma le soddisfazioni sono tantissime e sono quelle ad aiutare Giulia ad andare avanti in questa passione. “Le persone fanno, talvolta più facilmente che non nella realtà, complimenti e riescono a darti tanto amore. E questo mi aiuta a continuare”.
Lezioni, tirocini, studio ed esami. L’obiettivo della laurea resta sempre al primo posto, d’altronde. E poi gli impegni quotidiani e le amicizie. Quelle di una ragazza di 23 anni. “In tanti sono rimasti sorpresi dal fatto che sia riuscita a conciliare tutto. I social, poi, mi hanno aiutata a capire chi sono i miei amici, quelli veri, capaci di capire me e le mie difficoltà”.
“Sarò sui social anche in futuro? Non penso. Un domani mi vedo realizzata, nello studio o nella recitazione. A prescindere dal guadagno. Ma i miei profili potrebbero essere chiusi, insieme alla mia vita lavorativa e tutte le possibili cattiverie che dal mondo online arriverebbero”
Addio a Stefano Vavoli, il portiere che scelse la Sardegna come casa e campo di vita

Stefano Vavoli è stato uno dei tanti calciatori che hanno trovato in Sardegna non solo una seconda occasione sportiva, ma una vera e propria dimensione di vita.
canale WhatsApp
La Sardegna perde uno dei protagonisti silenziosi del suo calcio. Stefano Vavoli, ex portiere professionista, è scomparso a Quartu Sant’Elena oggi, 22 dicembre 2025, a pochi giorni dal suo 65° compleanno. Nato a Terracina il 30 dicembre 1960, Vavoli ha legato una parte importante della sua carriera e della sua vita all’Isola, che negli anni è diventata molto più di una semplice tappa sportiva.
Cresciuto nel settore giovanile del Genoa, esordì giovanissimo tra i professionisti: a soli 19 anni difese la porta rossoblù in Serie B, collezionando tre presenze in un momento reso particolare dalle contemporanee assenze dei portieri titolari. Da lì prese avvio un percorso fatto di sacrifici, categorie inferiori e una passione per il calcio che non lo avrebbe mai abbandonato.
Il primo legame con la Sardegna arrivò nelle stagioni successive, quando Vavoli vestì la maglia del Sorso Calcio. Fu proprio l’esperienza nell’Isola a rilanciarne il profilo, tanto da attirare, nell’estate del 1986, l’attenzione del Verona. In Veneto ricoprì il ruolo di secondo portiere alle spalle di Giuliano Giuliani e riuscì a coronare il sogno della Serie A. L’esordio nella massima serie avvenne il 12 ottobre 1986, nella sfida Udinese-Verona terminata 2-2, seguita una settimana dopo dalla gara casalinga contro l’Avellino, ancora una volta chiusa in parità.
Conclusa l’esperienza in Serie A, Vavoli tornò a calcare i campi della Serie C con Massese, Jesi, Turris e Campania. Nel 1992, il fallimento di quest’ultima società lo lasciò svincolato, segnando una nuova svolta nel suo percorso. Dopo un anno di inattività, fu ancora la Sardegna a offrirgli una nuova opportunità: accettò la proposta dell’Iglesias, nel Campionato Nazionale Dilettanti, tornando così su quei campi che sentiva ormai come casa.
Nel 1995 decise di appendere definitivamente i guanti al chiodo, ma non si allontanò dal calcio. Iniziò infatti l’attività di preparatore dei portieri in diverse squadre dilettantistiche sarde, mettendo la propria esperienza al servizio dei giovani e delle realtà locali. La passione, però, lo riportò ancora una volta in campo: a 37 anni tornò a giocare in Prima Categoria con il Muravera, proseguendo poi in Promozione e infine con il Dolianova, ancora in Prima Categoria.
Stefano Vavoli è stato uno dei tanti calciatori che hanno trovato in Sardegna non solo una seconda occasione sportiva, ma una vera e propria dimensione di vita. Un uomo di campo, lontano dai riflettori, che ha lasciato un segno profondo soprattutto nel calcio isolano, fatto di sacrificio, passione e legami autentici. Con la sua scomparsa, il calcio sardo perde una figura discreta ma preziosa, ricordata con rispetto da chi lo ha conosciuto tra pali, campi polverosi e allenamenti quotidiani.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

