Si sono tenute ieri 21 novembre 2022 a Gand (Belgio) le premiazioni della undicesima edizione del Brussels Beer Challenge, una delle competizioni birrarie internazionali di maggior importanza a livello mondiale, che ha visto la partecipazione di circa 1800 birre provenienti da tutto il mondo.

Le birre sono state giudicate da panel di esperti degustatori professionisti. Diverse birre sarde hanno ottenuto importanti riconoscimenti.

Il birrificio Mezzavia di Selargius ha ottenuto – unico tra tutti I birrifici italiani partecipanti, 3 medaglie, di cui 2 d’oro e 1 di bronzo. Le medaglie d’oro sono state attribuite alla Gare de Roubaix, bière de garde prodotta fina dal 2014 (anno, tra l’altro, della sua prima partecipazione ed affermazione a livello internazionale proprio al BBC) e alla City Folk, American pale ale di recente produzione ma già premiata anche da Slow Food.

La medaglia di bronzo è stata assegnata alla Corba, una brown porter prodotta stagionalmente in occasione dell’autunno.

“L’affermazione del nostro birrificio al Brussels Beer Challenge non è nuova – commentano i responsabili di Mezzavia – visto che negli anni le nostre birre si sono affermate a più riprese (2014, 2016, 2018, 2020) conquistando medaglie piazzamenti di indubbio valore, così come gli altri riconoscimenti conquistati in questi 8 anni di attività”.

Medaglia d’argento per la birra Porter del Birrificio Puddu di Santa Giusta (Oristano), di bronzo per la Darqside del birrificio Brew Bay di Cagliari.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.