Cagliari, vandalizzate dai tifosi le opere della Galleria del Sale: artisti al lavoro per il recupero

In otto anni non era mai accaduto ma è bastata la delusione sportiva del Cagliari in serie B a scatenare nella città uno tsunami di rabbia e delusione tale da lasciare chiari, identificativi segni in ogni angolo del capoluogo, compresa la Galleria
In otto anni non era mai accaduto ma è bastata la delusione sportiva del Cagliari in serie B a scatenare nella città uno tsunami di rabbia e delusione tale da lasciare chiari, identificativi segni in ogni angolo del capoluogo, compresa la del sale. Anche i muri della prima galleria d’arte contemporanea a cielo aperto della città di Cagliari sono infatti improvvisamente divenuti bacheca per rivendicazioni e insulti di varia entità: il tutto è iniziato con le varie invettive al presidente del Cagliari calcio Giulini, riportate su nove* opere d’arte contemporanea, per poi proseguire con ulteriori insulti (foto in allegato) affidati sempre alle pareti della Galleria giungendo infine a un’ultima risposta, una colata di tinta nera volta a coprire invettive, insulti, e opere d’arte che facevano da sfondo.
L’esito del dialogo avvenuto nei i muri della zona tra gruppi di persone – chi scrive contro Giulini, chi insulta categorie sociali oppresse, chi in un tentativo di censura arbitraria ricopre di nero il tutto – che non ci sentiamo di identificare ne tantomeno di criminalizzare, è una Galleria del sale vandalizzata con murales realizzati negli anni (anche) da artisti di fama internazionale cancellati o tarpati nella loro potenza comunicativa. Il tutto negli ultimi mesi ha in parte frenato la fruizione del luogo, ma è anche vero che le visite guidate sono proseguite aggiungendo temi ai dialoghi da sempre vivi nella passeggiata: se la Galleria nasce da un’interazione tra arte e paesaggio, tale reciprocità si è evoluta anche nell’interazione col sentimento vissuto in quell’area della città, strettamente collegata allo stadio confinante, traducendosi nel climax invettive, insulti, colata nera.
Un processo quasi naturale che viene evidenziato anche da Lorenzo Murgia, giovane talento isolano, primo artista impegnato – nelle ultime settimane – nella restaurazione della sua opera, tra le nove* vandalizzate. Per l’artista “in strada è tutto naturale, l’interazione con l’arte comprende e contempla anche l’azione umana non solo il panorama; la città è come un grande animale che cambia e muta nel tempo, il fatto che la mia opera sia stata dipinta di nero non mi turba più di tanto, mi piace l’idea di stratificare e aggiornare, semplicemente ciò che non capisco è sia il criterio che porta a coprire di nero, sia quello che porta a coprire alcune scritte, altre no”.
Coinvolto nel 2021 a dipingere su una superficie complessa quale quella delle scale che collegano lo stadio al passaggio pedonale che arriva dalla fiera, Murgia è quindi il primo di una serie di artisti che saranno prossimamente impegnati nella ristrutturazione delle opere. “Proveremo a ridare una destinazione artistica a quei muri e non di propaganda politica o tifoseria – spiega Daniele Gregorini, curatore della Galleria – non vogliamo però condannare chi si promette amore eterno su un muro, piuttosto ragionare e spingere alla riflessione attorno al concetto di muro come bene comune: invitiamo chiunque quando sceglie di operare su una parete a ragionare attorno al fatto che quel luogo è di tutti, bisogna essere consapevoli della ricaduta collettiva di ogni azione; nel tempo abbiamo avuto varie interazioni con le opere, anche delle persone senza fissa dimora hanno scelto con un pennarello di dialogare con alcuni murales. L’intenzione dell’artista – conclude Gregorini – è fare un’opera per l’umanità, è quasi un atto altruistico di conseguenza mi chiederei quale sia la ricaduta comunitaria di quel genere di scritte e della censura in nero. Perché è stato fatto?”
Nei prossimi mesi proseguiranno gli interventi di recupero delle opere danneggiate.
Gli interventi in programma hanno sempre lo scopo di proseguire nel dialogo con l’ambiente, e proveranno inoltre a spingersi oltre i discorsi pittorici fatti su un muro: un esempio sarà l’intervento di Andrea Milia che poserà un suo arazzo di pietra, opera di incisione su granito nero, su un muro della Galleria.
*nove sono le opere danneggiate in totale, nello specifico sette con vernice e due con attacchinaggio manifesti.
Che cosa è Galleria del sale?
La Galleria del sale nasce nel 2014 dall’incontro tra l’organizzazione cagliaritana Urban Center degli artisti locali, diventando oggi la prima e unica galleria d’arte contemporanea a cielo aperto di Cagliari. A oggi sono una cinquantina i murales presenti nella passeggiata (oggi definita appunto Galleria del sale) che dal porticciolo di Su Siccu arriva al Parco di Molentargius. Il luogo, meta di cittadini e turisti (anche grazie alle visite guidate organizzate dal FAI giovani), è entrato nell’immaginario urbano della città: «Luoghi come la Galleria del sale incidono sul tessuto sociale creando micro economie attorno al sistema» spiega Daniele Gregorini, 31 anni, direttore artistico di Urban Centre: «Si tratta di un progetto avanguardista che esiste anche grazie al continuo apporto di artisti nazionali e internazionali, e che rende ancora più viva la nostra città».

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I ricami in bisso marino di Chiara Vigo: la seta del mare che racconta la Sardegna

Chiara Vigo non crea oggetti. Intesse storie, memoria e spirito. E quel filo dorato che esce dalle sue mani è più di una fibra: è un legame vivo con il mare, con la terra sarda, con la bellezza che resiste al tempo
Nel cuore del Mediterraneo, tra le acque limpide della Sardegna meridionale, si cela un segreto antico, custodito da una creatura marina maestosa: la Pinna nobilis, conosciuta anche come nacchera di mare. Questo gigantesco bivalve, che un tempo poteva superare il metro di lunghezza, è oggi una specie severamente protetta, a rischio di estinzione per colpa dell’inquinamento, del riscaldamento globale e dell’attività umana. Un tempo veniva pescato anche per scopi alimentari; oggi la sua raccolta è vietata e punita severamente.
Ma la Pinna nobilis è anche la fonte di una fibra straordinaria e quasi dimenticata: il bisso marino, noto come “seta del mare”. Una seta naturale, sottilissima e resistente, capace di brillare come oro sotto la luce del sole. Ed è proprio in Sardegna, nell’isola di Sant’Antioco, che sopravvive uno degli ultimi baluardi di questa antichissima arte: Chiara Vigo.
Maestra di tessitura e depositaria di una tradizione millenaria, Chiara Vigo non è solo un’artigiana: è una testimone vivente di un sapere ancestrale, che unisce spiritualità, dedizione e profondo rispetto per la natura. Nel suo laboratorio, un vero e proprio museo vivente, accoglie chiunque voglia conoscere quest’arte unica, condividendo conoscenze e valori tramandati oralmente da generazioni.
Chiara non vende il bisso. Per lei non è merce, ma dono sacro del mare, da trattare con umiltà e gratitudine. Il suo insegnamento parte da un giuramento, ereditato dalla nonna Leonilde: non commercializzare mai ciò che si riceve dalla natura e trasmettere il sapere solo a chi è disposto a sacrificarsi per imparare.
Il procedimento per ottenere la seta del mare è lento e complesso, scandito da gesti antichi e rituali. Ogni Pinna nobilis può produrre circa 40 centimetri di filamento, ma Chiara ne seleziona solo pochi centimetri, i più puri. Dopo la raccolta, il bioccolo viene immerso in acqua dolce per quasi un mese, con continui cambi d’acqua ogni tre ore. Poi si passa alla sbiancatura con succo di limone e all’ammollo in una miscela segreta di quindici alghe diverse, che rendono il filo flessibile ed elastico.
Infine, il bisso viene filato a mano, utilizzando un fuso di ginepro. La torsione del filo cambia a seconda dell’uso: a “S” per il ricamo, a “Z” per l’intreccio nel lino, secondo un’antichissima tecnica fatta con le unghie. Il risultato è un filo più sottile di un capello, ma incredibilmente resistente. Il bisso non marcisce, non viene attaccato dagli insetti, è impermeabile e ha proprietà isolanti. Nessun’altra fibra naturale al mondo possiede le sue stesse caratteristiche.
Su un telaio manuale, Chiara tesse opere dense di simbolismo: alberi della vita, pavoni, lune, leoni guardiani, navicelle nuragiche. Ogni figura è un messaggio, una preghiera, un frammento di identità sarda e mediterranea. Oggi, oltre settanta dei suoi lavori si trovano tra il laboratorio di Sant’Antioco e prestigiosi musei internazionali come il Museum der Kulturen di Basilea o il Museo Nazionale delle Arti di Roma.
Conosciuta affettuosamente come “Zia Chiara”, accoglie ogni visitatore con il dono di un filo di bisso, che splende come una piccola fiamma. Non si paga nulla per assistere al suo lavoro: ciò che lei offre è una lezione di vita, un invito alla consapevolezza e al rispetto. Dal 2005, migliaia di persone da ogni parte del mondo arrivano a Sant’Antioco per vederla tessere, ascoltare le sue parole, sentire il silenzio che accompagna ogni gesto.

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